Panettone a un euro, l’Iper fa il prezzo bomba di Melegatti (ma così si esplode tutti)

panettone pavè

Panettone a un euro, l’iper fa il prezzo bomba di Melegatti (ma così si esplode tutti). La notizia è questa: sugli scaffali dei supermercati Iper è in vendita il panettone Melegatti a un euro.  Anzi, nel rispetto dei precetti di marketing che ci prendono un po’ per cretini, a 0,99 euro. Oibò, un euro? Sarà mini? No, sono 750 grammi. “Prezzo bomba“, recita la pubblicità sui quotidiani. Verissimo, una bomba termonucleare che rischia di investire chi lo compra.

Si può vendere un panettone alla stessa cifra di un caffè? Si può, evidentemente. Ma come è possibile? Il Fatto alimentare ci spiega che il costo principale di un panettone riguarda canditi e uvetta, oltre al tempo di lievitazione. Ma anche al lievito di madre che, a differenza di molte merendine, viene impiegato nella fattura. Gli ingredienti sono stabiliti per decreto e sono farina, burro, uova, uvetta e canditi.

E dunque com’è possibile? C’è, innanzitutto, una strategia di marketing. Il panettone viene usato come forma di richiamo, con un prezzo civetta. Se entri a comprare il panettone a 1 euro poi, si suppone, ti fermerai a fare la spesa. E’ la logica delle promozioni, dei prezzi sottocosto. Poi c’è un altro problema: gli ingredienti, la materia prima. Inutile dire che questi prodotti sono lontani anni luce dalla qualità di quelli artigianali o prodotti da marchi di grande qualità.

Lì i prezzi lievitano, e non solo per il lievito madre. Si arriva tranquillamente a 20-30 ma anche 40 o 50 euro. Quello di Pavè, per esempio, costa da 18 (500 grammi) a 36 euro (1 chilo). Prezzo giusto? Beh, non esiste un prezzo giusto. Esiste un prezzo di mercato. Di un prodotto si pagano molte cose: la materia prima, la lavorazione, lo stoccaggio, la reperibilità, il marchio, la pubblicità e molto altro ancora. Diciamo che tra pagare un panettone 99 centesimi e pagarne 40 c’è tutto un mondo in mezzo. E’ il mondo della qualità. Perché, per carità, le catene di iper fanno legittimamente la loro politica commerciale ma, come accade per Barolo a 9 euro, rischiano anche di svilire prodotti gastronomici di eccellenza. E la gara al ribasso, di solito, porta a un abbassamento anche della qualità.