Olio Cucina Fresca Milano, il ristorante pugliese giovane che sorprende

Olio Cucina Fresca Milano, tel. 02 2052 0503. Aperto il 28 settembre scorso in zona Porta Venezia, ha un protagonista: l’olio extravergine del pluripremiato Frantoio Muraglia, di Andria. Annunciato sull’insegna del locale (che recita semplicemente “Olio”); luccicante a crudo in molte delle portate, dessert compreso; formato souvenir, in bottigliette da 50 ml che i commensali trovano insieme al coperto, come regalo di benvenuto.

olio proprietariLa cucina è pugliese ma senza alcun accento rustico; l’atmosfera è giovane e sorridente come i proprietari, Angelo Fusillo e Paola Totaro, 30 e 29 anni, che coordinano il servizio e si prodigano di spiegazioni su ricette e materie prime.

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Scoprirne l’esistenza, se solo si è iscritti a Facebook, è inevitabile: da settimane è virale un breve video che ne annuncia l’apertura, in cui bolle d’olio vanno su e giù in un recipiente d’acqua. Ma la “bolla” è anche quella dei clienti del locale: ci capitiamo in una sera qualunque e a tre dei quindici tavoli riconosciamo gruppi di nostri colleghi, conoscenti e coetanei. Il targeting della campagna social evidentemente funziona. Trovare il posto è invece meno immediato: l’indirizzo, piazzale Lavater 1, fa impazzire le mappe del telefonino, che mandano i naviganti in direzione opposta. Il consiglio è orientarsi con il vicino Blanco, ritrovo della movida gay: alla sua sinistra, c’è Olio.

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I settori sono tre: l’ambiente principale, un piccolo soppalco (da 6-8 coperti), una verandina fuori.

olio 3Domina il bianco e lo stile è quello di una masseria chic: ulivi bonsai a centrotavola, maioliche, tavoli senza tovaglie ma coperti di piastrelle cementine. E, soprattutto, ampi. A Milano si viene spesso stipati in tavolini formato puffo anche in locali non piccoli, che “ottimizzano” così ogni metro quadro; qui ci si accomoda, in due, in tavoli da un metro per un metro e (miracolo) abbastanza lontani da quelli vicini da non sentirne la conversazione (che non si sente, ahinoi, anche perché il locale è molto rumoroso. Andrebbe forse insonorizzato almeno un po’).
olio dehorsAltra tendenza milanese funesta da cui Olio Cucina Fresca è immune: i “turni”. Noi arriviamo alle 20:30 e ce ne andiamo alle 23, rilassate e un po’ brille, senza che nessuno ci abbia incalzato (eppure il servizio non è lento) o abbia buttato lì che “prepariamo il secondo turno”.

olio chefLo chef, Marco Misceo – 30 anni anche lui, alle spalle esperienze con La Mantia e Bartolini – è barese. E il menu è di ispirazione pugliese, ma alleggerito e più ambizioso.
Ci sono, sì, le orecchiette (con cime di rapa o con ragù “a umore dello chef”, 9 e 12 euro), le braciole e il caciocavallo (in degustazione, fra i dessert, 12). E vale la pena chiedere, fuori menu, la deliziosa burrata di Andria o il pescato del giorno (che arriva dalla Puglia, a volte sì e a volte no).

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Cavatelli mare, rape e crema di fave. Il piattino bizzarro dietro serve per il pane: ha un incavo apposta per l’olio

Ma il resto della carta è più creativo che tradizionale. Su una tartare di ricciola il cameriere spruzza acqua di mare da una bottiglietta; tra i primi spiccano spaghettoni aglio olio con ricci e calamaretti (17), ravioli al gambero viola e stracciatella (17), cavatelli con frutti di mare, crema di fave e rape (degni di nota, 15). 

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Ombrina con zucca, yuzu e mandorle

Tra i secondi ci sono carni da “fornello” salentino come il diaframma arrosto, sì, ma adagiato su una spuma di caciocavallo podolico, o pancia di maialino con jus di vitello, topinambur, rapa (fantastica, 15).

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Gelato alle mandorle tostate e olio fumo

Sorprendono, nei dessert, un gelato alle mandorle tostate irrorato d’olio dal sentore affumicato e con un pizzico di sale (godurioso ma crudelmente piccolo) e uno di bufala, condito allo stesso modo. Quasi ogni ingrediente ha un pedigree: le mandorle sono di Toritto, le carni bovine di razza podolica, il maialino è lucano; le fave di Carpino sono presidi Slow Food, i ceci neri vengono dalla Murgia, i cavatelli li fa una signora di Bari vecchia, e così via; fiori all’occhiello di cui il personale va giustamente fiero, che però diventano una narrazione continua e un po’ invadente (altra tendenza comune fra le nuove aperture milanesi, e ok, ci sta, ma provateci voi a scambiarvi una confidenza o a flirtare mentre ogni due per tre vi spiegano da dove arriva la pancetta).

La carta dei vini è ricca (domina la Puglia, parecchie etichette bio) e, al piede del menu, c’è anche una carta degli oli: due monocultivar e tre aromatizzati, firmati dal Frantoio Muraglia, da ordinare in bottigliette da 50 ml per intingerci il pane (che merita da solo una menzione d’onore) o portarlo a casa.

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Conto sui 30-40 euro a persona, servizio sorridente, gentile e ospitale, promessa iniziale (cucina “fresca”) mantenuta.