
Da Michele a Roma, pizza napoletana doc. Parlare di pizza napoletana è sempre un campo minato. C’è sempre qualcuno più puro e tradizionalista di te, che ti affligge e ti piega come deve essere “la vera pizza napoletana”. E se non sei napoletano, è escluso che tu possa anche solo avvicinarti al risultato. Ecco perché l’arrivo a Roma della pizzeria “Da Michele”, gestita dagli eredi della famiglia Scandurro, e luogo (narra la leggenda) dove fu inventata la Margherita, è stata accolta da lacrime di commozione, boati di giubilo e tricchettracche vari. Enfasi eccessiva? Eccome.
Da Michele a Roma
Ma vediamo cosa vi aspetta, se deciderete di provarla nel locale di via Flaminia 82. E vediamo affinità e divergenze del compagno romano Michele rispetto all’omologo napoletano. Con una certezza. Anche il napoletano più ortodosso troverà sempre un altro napoletano che ti dirà: vabbuò, ma non è la stessa cosa. Sarà l’acqua, l’aria, la nostalgia. Non fateci caso e godetevela.
Le pizze
Scordatevi gli elenchi chilometrici di pizze, le riduzioni di aceto balsamico, i pistacchi di Bronte, la bufala. Da Michele a Roma regna la semplicità. Perché la pizza non ha bisogno di orpelli, artifici, abbellimenti. Basta un buon impasto, un bel cornicione, pomodoro e mozzarella: tutto il resto è noia.
E dunque, sua maestà la Margherita e la sorella Marinara (7.5 euro, 9 la maxi). La prima è fatta con fiordilatte di Agerola dei fratelli Fusco, pomodoro San Marzano dell’azienda Solfa e farina del Mulino Caputo. La seconda.
Ma ogni trasloco porta cambiamenti e allora, sacrilegio, il Michele romano ha aggiunto qualche variante (poche per la verità): antipasti, salumi, la Napoli (11), una pizza fritta (13. E il calzone ripieno con cicoli, ricotta e salame (13).
Il locale
Può piacere, perché arioso, luminoso, allegro, semplice ma non rustico. A me non convince. Troppo grande, innanzitutto: 150 coperti, che con la veranda estiva diventeranno 300. Tavoli addossati, un paio anche contro i frigoriferi, con evidenti difficoltà per i camerieri per prendere le bottiglie. La luce, poi, decisamente eccessiva. Lascia perplessi anche l’ingresso: è nel museo Explora, dedicato ai bambini, ma sembra di entrare in un centro commerciale, più che in una pizzeria. Una vocina mi dice che quelli del museo Explora, che hanno subaffittato uno spazio che è del Comune e che dovrebbe essere usato per scopi culturali, non siano affatto contenti e abbiano in animo di prendere qualche precauzione per evitare guai: staremo a vedere.
I prezzi
I napoletani avranno di che dolersi, i romani meno. Già, perché all’antica pizzeria da Michele a Roma scordatevi le 4-5 euro che pagate a Napoli per una Margherita.
Stare in via Flaminia costa e così, a seconda delle dimensioni, si può arrivare anche a 13 euro.
Che sarà mai, se andate da Madre o alla Fucina ne spendete anche il doppio. Ma se mi vuoi fare la pizza napoletana da strada, certi prezzi stridono. E a Napoli è già “scandalo“.
Il servizio
Allegro è allegro, per ora. Nonostante la mole di lavoro, un gruppo di camerieri, per lo più partenopei, si muove agevolmente tra i tavoli e serve in fretta. Ma quando c’è folla, il rischio della paralisi è alto.
La coda
Per quanto il servizio sia solerte, il successo si paga in termini di fila. E così, non di rado, sarai costretto a stare delle buone mezz’ore, se non ore, nell’anticamera.
In definitiva, ne vale la pena? Mah. Direi sì, ma senza strapparsi i capelli. Se proprio avete nostalgia, affrettatevi. Altrimenti, temporeggiate. Quando passerà l’hype, si potrà riparlarne.