
Negli agriturismi lombardi ora si possono bere solo vini lombardi. Incredibile. In Regione Lombardia il consiglio regionale ha approvato una norma “sovranista“, il testo unico regionale in materia di Agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale, che interviene sulla disciplina degli agriturismi e del florovivaismo in Lombardia e dice una cosa semplice e clamorosa: d’ora in poi, negli agriturismi lombardi si potrà bere solo vino lombardo e mangiare pesce lombardo.
L’assessore lombardo all’Agricoltura Fabio Rolfi ha spiegato che “aumenta dal 30 al 35% la soglia minima di prodotti aziendali utilizzati nei pasti, per arrivare all’80% di prodotti lombardi e solo il 20% di prodotti acquistati dalla grande distribuzione”. Quanto al resto, solo vini lombardi e pesce lombardo.
Premessa: è ovvio che negli agriturismi, e non solo, è preferibile che ci siano prodotti soprattutto locali. Ma una cosa è valorizzare, una cosa è obbligare, o proibire. Fermiamoci al vino. Non si disprezza qui la viticultura lombarda. Che ha in carniere eccellenze come il Franciacorta, l’Oltrepò pavese, il Lugana, il Barbacarlo, lo Sfursat, il Moscato di Scanzo e molti altri. Ma che senso ha, diciamo, chiudersi in una gabbia? Perché allora non dire che negli agriturismi milanesi si può bere solo San Colombano, in quelli mantovani solo lambrusco e quistello? Non si starà andando troppo oltre in questa storia? Siamo passati dalla valorizzazione dei prodotti locali, all’obbligo di utilizzo. Tra poco si metteranno a Milano si metteranno i dazi per mozzarella e carbonara, a Napoli per arancini e polenta.
Mangeremo e berremo solo alborelle e bonarda, coregone e croatina. Parlando in bergamasco stretto, anche se bisogna capire se de hura o de suta. Ci stiamo frantumando in mille localismi, siamo alla scissione dell’atomo della nostra stupidità. Cin cin.