Quarantunododici a Fiumicino, il ristorante sotto il Tino di Lele Usai: “Basta con il polpo, passate alla polpessa”

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Quarantunododici a Fiumicino, intervista a Lele Usai, che segue anche il ristorante sotto il Tino. Il Quarantunododici a Fiumicino si trova facilmente: via terra perché sorge nella stessa struttura del Tino stellato, via mare perché il nome del locale indica proprio le coordinate marittime per giungere fino a qui. Entrambi i ristoranti sono all’interno del Nautilus Marina Yacht Club, cantiere navale velico fondato circa 50 anni fa dalla famiglia Bulgari e sede storica dell’ammiraglio Agostino Straulino.

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La cucina è a vista, i colori bianco e azzurro rispecchiano l’ambiente marittimo, mentre i tavoli in legno colorato insieme all’assenza di tovaglie regalano un tono di dinamicità al locale. I coperti sia interni che esterni permettono di concedersi una pausa a Fiumicino in qualsiasi periodo dell’anno. Il dehors affaccia su 250 posti barca.

Al piano terra c’è il Quarantunododici, mentre al primo piano rimane Il Tino che gli ha fatto guadagnare in precedenza una Stella Michelin. Entrambi i ristoranti sono guidati dalla stessa squadra anche se le entrate sono state recentemente separate. La mano di chi cucina è la stessa, ogni settimana il personale del Tino e del Quarantunododici si danno il cambio al piano.

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L’idea è quella di fare una cucina marinaresca, rappresentando il territorio e la nostra tradizione, con elementi di primissima scelta cucinati con tecnica. Non possiamo fare a meno di mettere ogni tanto una firma anche sui piatti del Quarantunododici presentando pietanze particolari come una tartare servita con guacamole o una crème fraîche fatta in casa, anziché proporla nella sua versione nuda più classica. E’ una cucina semplice, canonica, che però talvolta si merita una nota particolare”, ci spiega Lele Usai. Particolare come il sauté di cozze innaffiato da mojito (12 euro).

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Ci sono tre proposte settimanali: il “menu dell’Equipaggio” non vuole annoiare i resident che mangiano qui a pranzo quasi tutti i giorni.  Ogni tanto si abbandona il concetto di solo pesce integrando il menu con zuppe, minestre e vegetali di stagione.

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Il menu alla carta è dinamico perché varia in base a quello che trova Lele Usai all’asta. “Quest’inverno c’è stato il boom di triglie piccole e le abbiamo sfruttate per una minestra di riso integrale e spinaci saltati con crostini di pane (13 euro). In inverno non ci sono i calamari, quindi non facciamo frittura, dato che non utilizziamo il congelato. Adesso stanno arrivando i totani: la frittura che entrerà in carta la prossima settimana sarà quella di totani e gambero rosa”. Tra le proposte il fritto di paranza, “quando il mare lo concede” (19 euro) e spaghetti alle vongole e lupini (12 euro).

Non c’è differenza di trattamento tra bistrot e stellato: Lele Usai e il socio Stefano Loreti sono sempre presenti per accogliere i clienti.

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La bandiera del Quarantunododici è il rapporto tra una qualità della materia prima altissima e il prezzo concorrenziale che Lele Usai spunta andando di persona all’asta di Fiumicino. Sopra e sotto la materia prima utilizzata è la stessa. “Se prendo  una ricciola da 15 chili che è un pesce costoso e prestigioso, magari utilizzo le parti più basse con una forma meno continua per fare un carpaccio al piano terra, mentre i filetti alti centrali li utilizzo per il piano di sopra; il sapore e la qualità sono comunque le stesse, a cambiare è solo l’occhio. Questo è essenziale per abbattere i costi” spiega sempre Lele. Nel menu il carpaccio del giorno sta a 14 euro.

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Ma come funziona l’asta del pesce di Fiumicino? “La mattina arrivo al ristorante, faccio il servizio del pranzo e alle quattro mi incammino verso l’asta. E’ una cosa fighissima. Sono fortunato ad averla a soli tre chilometri dal ristorante, quindi vado e torno in 5 minuti. Ci sono tanti aspetti positivi nel partecipare, tra cui un fattore economico e freschezza del prodotto. Compro pesce appena pescato, sembra una banalità ma non lo è assolutamente. L’asta si tiene dalle 16 alle 18 dal lunedì al venerdì. Nella maggior parte dei casi, i fornitori che comprano all’asta il pomeriggio si portano il pesce in magazzino e lo smistano il giorno seguente, per via dell’orario e della distanza. Io invece riesco a servire del pesce fresco nell’immediatezza. Altro fattore che mi affascina dell’asta è che mi sento di far del bene all’economia locale. Non comprando da fornitori esteri, cerco di beneficiare sia chi gestisce l’asta sia i pescatori locali. Al mio rientro i ragazzi mi aspettano già con i banchi puliti pronti a porzionare insieme a me il pesce. Imbustando tutto sottovuoto singolarmente per poi abbattere a temperatura negativa, fermiamo il ciclo del prodotto nel momento in cui è nella sua freschezza massima. Il nostro punto di forza? Quantità giusta e giro di stoccaggio molto breve”.

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Quali fattori valutare nel consumo del pesce? “Aspetto positivo dell’asta è che continuo ad imparare ogni giorno. Nonostante faccia il cuoco da 27 anni e sono originario di Ostia, scopro ora che esistono pesci che non hanno domanda solo perché non si conoscono. Noi abbiamo il polpo verace che arriva a costare 15 euro al Kg perché c’è tanta richiesta rispetto alla sua disponibilità. Esiste ad esempio la polpessa che non compare quasi mai sui banchi delle pescherie. La trovi anche a 4 euro al Kg, prezzo basso perché il prodotto è largamente disponibile ma non perché il sapore sia meno buono. Veicolare la domanda sul pesce meno noto trova anche un fine ambientale perché si riesce a bilanciare i consumi e permettere alle specie di avere il tempo naturale di riprodursi”.

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Una stella Michelin che va a scuola da un tre Stelle Michelin: Lele Usai non lascia ampliare gli orizzonti solo dalle aste, recentemente è tornato da Marsiglia. “Ho avuto la possibilità e il desiderio di andare a lavorare in una cucina di livello più alto della mia. Ho scelto Gerald Passédat di Le Petit Nice a Marsiglia, un tre stelle Michelin che lavora nel campo da tre generazioni. Stando sulla mia stessa costa le tipologie di pesce lavorato sono tendenzialmente simili. La mia idea era quella di capire come utilizzasse le materie prime ad un livello tanto alto. Dopo un mese qui, sono tornato stracarico e felice. Ho scoperto una profondità e un’eleganza nei suoi piatti senza eguali. Vorrei assumere il suo stesso forte stile identitario. Lui fa piatti all’apparenza estremamente semplici, non mette trenta ingredienti nel piatto, non c’è la volontà di stupire l’ospite. Ma nel momento in cui assaggi delle seppie preparate da lui, ti arrivano due schiaffoni. Oggi si fa presto a fare piatti colorati con una miriade di ingredienti e tecniche sceniche, ma poi quando mangi senti che non hanno un senso perché non tornano gli abbinamenti. Quando due come noi hanno a disposizione una materia prima freschissima, si deve mettere da parte l’ego e concentrarci sull’esperienza che fa l’ospite a tavola. Si lavora di tecnica per arrivare al sapore, non all’apparenza. Si cucina per chi mangia in sala, il cuoco trae la ragion d’essere dalla felicità di chi assaggia il suo piatto”.

Quarantunododici, Via Monte Candria 67, Fiumicino (RM). Tel 06.6581179. Sito