Nella periferia di Roma il bistrot che vuole far conoscere i piatti della tradizione regionale italiana

Un piatto di Scima a Roma

Scima a Roma è il nuovo ristorante dello chef Paolo D’ercole e della sommelier Chiara Valzania in zona Quarto Miglio, a sud est della Capitale. Il locale ha aperto nell’estate 2024 e propone una cucina popolare mediterranea.

 

 

Fin dalla sua inaugurazione, il 1° agosto 2024, Paolo D’Ercole e Chiara Valzania, coppia sul lavoro e nella vita, portano avanti quella che potremmo quasi definire una missione, ovvero recuperare e far conoscere piatti della tradizione regionale italiana, cui si aggiungono incursioni da altre cucine europee.

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Paolo D'Ercole e Chiara Valzania di Scima a Roma
Paolo D’ercole e Chiara Valzania

“In cucina c’è solo Paolo, in sala io. Tutti quelli che arrivano ci dicono che sembra che siano venuti a mangiare a casa nostra, racconta a Puntarella Rossa Chiara Valzania. In questi sei mesi Scima è diventato un luogo conviviale, dove chi si siede al tavolo è pronto a condividere anche esperienze personali legate al cibo. “Raccontano, fanno confronti con le ricette che conoscono. Uno scambio bellissimo e non manca perfino chi ci porta dei prodotti per farceli provare.

L’omaggio alla pizza scima

La pizza di Scima

Per comprendere il progetto di Scima, si può partire dal nome, che richiama la pizza bassa abruzzese non lievitata, cotta nel camino sotto a un coppo (dove scima sta per “scema”, come venivano additati un po’ i pani privi di qualche ingrediente). Un prodotto semplice, fatto con farina, olio e vino (Montepulciano o Trebbiano), sopra al quale venivano fatti degli intagli, utili alla sua condivisione, quando poi la pizza veniva messa al centro della tavola e spezzata tra i commensali.

La pizza scima con una delle maionesi in carta

Noi ne facciamo una versione più moderna, monoporzione, però abbiamo mantenuto gli intagli che ricordano quel gesto”, aggiunge Chiara. Ma perché scegliere proprio questo pane, al punto da eleggerlo come nome del ristorante? Ci ha colpito la sua semplicità, aspetto che si addice all’atmosfera che si respira in questo locale. Inoltre, avevamo come pallino quello di fare una carta delle maionesi e la pizza scima era perfetta da abbinare”.

L’ambiente di Scima a Roma

Gli interni di Scima a Roma

L’apertura a Quarto Miglio non è stata per Paolo e Chiara un ripiego, ma una scelta di vita, lontano dalla frenesia della città. “Quando le persone vengono qui ci dicono che è come se stessero facendo una gita fuori porta, non si sentono in periferia. Siamo a due passi dall’Appia Antica. Cercavamo un posto piccolo all’interno, ma con uno spazio bello all’esterno”. Il locale, di una cinquantina di metri quadrati, cui si aggiunge l’ampio dehors, conta 18 coperti interni più una quarantina di posti all’aperto.

Il dehor di Scima

I tavolini all’interno sono in legno e marmo, l’arredo è anni ’50, con le pareti rifinite per metà di giallo, da loro scelto perché è un colore solare, anche se molti clienti, ci confessano, continuano a vederci una corrispondenza con il colore della maionese, che qui ha più gusti, da quella alle cipolle fritte a quella tonnata. Anima della struttura è però la cucina a vista, il laboratorio creativo dello chef D’Ercole, che già nel “primo” Eufrosino, la trattoria di Tor Pignattara aperta con alcuni soci nel 2020, si era affrancato dalla mera tradizione romana.

La proposta di Scima a Roma

I ragazzi di Scima in cucina

Quando chiediamo ai ragazzi di Scima se si sentano più bistrot o osteria, propendono per la prima opzione, purché il concetto non sia legato a qualcosa di statico o ingessato: “Preferiamo il termine bistrot, anche per come è strutturato il menu, ma la domenica a pranzo la gente che viene ci vive un po’ come una trattoria”. Con la loro proposta cercano di toccare tutte le regioni italiane, per dare un ventaglio di scelte al cliente e farlo anche divertire. Dietro questa volontà c’è un lavorio certosino da parte di Paolo, che include il continuo studio dei libri di cucina, da cui trae ricette e ingredienti. “Ne abbiamo una stanza piena a casa”, confessa Chiara.

Una tartare da Scima a Quarto Miglio

Quello di Paolo è un rapporto viscerale con la materia prima, accresciuto dai tanti viaggi fatti in giro per l’Italia con la sua compagna, che ammette: “Siamo uniti da questa passione, totale. Un giorno ci siamo guardati e detti: ‘Dobbiamo aprire un ristorante’. Così è stato. Fondamentale alla realizzazione di questo sogno, il rapporto diretto con i produttori, dei quali tra i più affezionati ci sono: Le Vergarette, l’Azienda Agricola Poggi, l’Azienda Agricola Marcoaldi a Montelibretti, il forno contemporaneo Sgranocchia di Avezzano, Bombelli per le carni e Giordano Catà al Mercato Latino di Piazza Epiro per la verdura.

Cosa si mangia da Scima a Roma

La pizzetta rossini da Scima

Al di là della pizza scima, il menu del bistrot cambia continuamente e non c’è una classica divisione tra antipasti, primi e secondi. Anche la carta delle stesse maionesi può variare, così come la provenienza dell’olio d’oliva. Ci sono proposte che semmai tornano, come la pizzetta Rossini, uno spuntino pescarese arricchito di uova sode e maionese (6 euro). Per le paste, chef D’Ercole non si tira indietro davanti a nessuna sfida, neanche quando gli chiediamo, a fronte della sua originale scelta di mettere in menu le lorighittas sarde, se è pronto anche a cimentarsi nel filindeu, sottilissima pasta per minestra del nuorese, ritenuta tra le più difficili al mondo da fare. La risposta è affermativa.

Un piatto da Scima. Cocce, cococce e petane

Un piatto che sta riscuotendo successo, tra quelli che guardano alla tradizione estera, in questo caso francese, è la zuppa di cipolle (8), o, andando più a est, il goulash di funghi (15). “A Paolo non bastavano le ricette italiane”, ironizza la sommelier. Tra gli altri piatti già passati nelle cucine di Scima, che loro sentono più rappresentativi, ci sono le Cocce, Cococce e petane, la parmigiana alla ternana, la chitarrina, cacio, ova e pecora o il fico arrosto con caprino, noci e miele di eucalipto. Per le proposte di carne, spazio questo mese ai mondeghili, delle polpette di bollito milanesi servite con salsa tartara (10) o al cosciotto d’anatra alla fiorentina (16) o ancora al petto di vitello alla fornara (16).

Le verdure "dimenticate" in menu da Scima

Meritano una menzione a sé i vegetali, che qui hanno un posto di rilievo, al punto che Chiara porta avanti la sua Rubrica delle verdure dimenticate. “Se ce n’è una particolare, che la gente non compra, la vogliamo!”, ammette Valzania. Tra i piatti più apprezzati della stagione segnaliamo la frittatina di erba pazza (7), una specialità di Rocca di Papa, senza uova, con borragine, patate e le ramoracce, tra le verdure dimenticate e recuperate con i raponzoli, le costole d’asino, i lampascioni, i crespigni, i funghi trombette dei morti e i paccasassi.

Cosa si beve da Scima a Roma

I vini da Scima

La parte dell’enoteca va di pari passo con il concept della cucina. “Impossibile fare una carta dei vini statica se i piatti cambiano di continuo”, ammette Valzania, che ama andare a scovare vitigni autoctoni, a volte sconosciuti. I vini sono tutti artigianali, disponibili anche per l’aperitivo, che rientra nella proposta di Scima. Tra quelli più ricercati ci sono il Montonico abruzzese, il Montù emiliano o l’Asprinio di Aversa. “Un po’ si conoscono, ma non è così facile trovarli e con questo – tiene a specificare – non intendo dire che la mia carta sia migliore degli altri. All’inizio mi sono detta: ‘Da dove inizio nel creare una carta dei vini?’. Ho pensato di cominciare a strutturarla su quelli più sconosciuti”. Può anche capitare che un piatto di Paolo possa essere ispirato da un vino scelto da lei, perché, concludono, Ci influenziamo a vicenda.

Scima. Via Annia Regilla 110, Roma (Quarto Miglio). Tel. 339 874 3355. Instagram.

 

 

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