Felix Lo Basso chiude e attacca Milano: ha ragione?

felix lo basso chiude a milano

Felix Lo Basso chiude e attacca Milano: ha ragione? Un’uscita di scena clamorosa, sbattendo la porta e facendo tremare il mondo della ristorazione. Felix Lo Basso, celebre chef ultra stellato, ha deciso di chiudere il suo ristorante da 12 coperti in via Goldoni. E di farlo, dal 1 febbraio, con un’intervista durissima ad Alessandra Dal Monte, del Corriere della Sera.

Questa la frase che riassume il senso dell’invettiva, un j’accuse contro Milano: “A Milano le cose non vanno bene come si racconta: il turismo dopo il Covid non si è più ripreso, le persone non hanno più soldi perché la città è troppo cara e gli stipendi sono troppo bassi. Io pago 10 mila euro di affitto al mese per 200 metri quadrati, senza i turisti non ci sto dentro. Mancano completamente i russi, che insieme ai cinesi sono gli unici ad avere capacità di spesa. I milanesi non escono più a cena. Qui non c’è futuro, la ristorazione è finita: funzionano solo i locali in cui il focus non è sulla cucina ma sulla musica, sui dj, sui drink, sulle belle ragazze…».

Tante verità e qualche stupidaggine. Milano è diventata Suburra? Come ha scritto Paolo Manfredi, “la lamentela su Milano è diventata il genere letterario del secolo. O copy malpagati che glorificano qualunque fetecchia, o la fine del mondo”.  Proviamo a prenderlo sul serio e a rispondere alle questioni principali.

felix lo basso chiude a milano

Milano è una città insicura? Sì, come molte metropoli mondiali. Lo è molto meno rispetto agli anni ’70 e ‘8o, quando il numero degli omicidi era altissimo. Ma la microcriminalità – scippi, furti d’auto e aggressioni – è in aumento. E’ un fenomeno nazionale, che ha che fare con l’impoverimento della popolazione e con una immigrazione che non viene integrata, per scelta.

“Il turismo dopo il Covid non si è più ripreso, le persone non hanno più soldi”. Verissimo. Il turismo è in difficoltà, soprattutto quello di persone con una buona capacità di spesa. Le turbolenze mondiali stanno tenendo lontani russi e cinesi, turisti altospendenti, e la questione riguarda anche Roma, dove l’invasione di pellegrini che mangiano i panini fatti in casa non ha cambiato affatto le cose. Gli sgravi per le imprese, finito il Covid, sono finiti, ma la situazione è tornata peggiore rispetto a prima.

“La città è troppo cara e gli stipendi sono troppo bassi” Punto incontestabile.

“Io pago 10 mila euro di affitto al mese per 200 metri quadrati” I prezzi degli affitti non consentono a molti locali di restare al loro posto. Sono aumentati tutti i costi, ma non le entrate. Se non ci sarà un aiuto pubblico, o un’inversione di tendenza, vedremo sempre più locali sfitti.

“I milanesi non escono più a cena”. Questo è vero solo in parte. Milano è una delle città dove, disgraziatamente, si vedono più delivery in giro. Dopo il Covid, si è presa l’abitudine malsana di farsi portare la roba – che arriva spesso fredda o comunque immangiabile – a casa. La mancanza di soldi fa ridurre le spese per il tempo libero. Ma ci sono locali che funzionano e altri no. La tendenza non è solo milanese ma italiana.

“Qui non c’è futuro, la ristorazione è finita: funzionano solo i locali in cui il focus non è sulla cucina ma sulla musica, sui dj, sui drink, sulle belle ragazze…”. Questa frase fa un po’ ridere. Milano è sempre stata una città con un alto tasso di locali con musica e divertimento, non a caso si parlava di Milano da bere, ma è una tesi insensata. Il problema non sono i “locali con belle ragazze”, che probabilmente sono in grave crisi anche loro, ma la questione economica. E poi c’è un cambio di gusti e di orientamento dei consumatori, che non è solo milanese.

“Qui funzionano molto di più i ristoranti etnici, di cibo dal mondo, che quelli italiani. E così si fa morire la nostra cucina”. Un po’ di razzismo sovranista non poteva mancare. Il bello di Milano è proprio questa sua incredibile varietà di cucine dal mondo, che ci sono anche perché il milanese è curioso e gli piace esplorare. I ristoranti italiani ci sono eccome. Non c’è nessun allarme sulla morte della nostra cucina, solo sulla morte della sua. Se vanno i ristoranti etnici è, anche, perché costano meno degli altri.

“Gli stellati non hanno futuro” Su questo difficile obiettare. Lo fa bene il Corriere quando ribatte che una cena da 230 euro, bevande escluse, è decisamente insostenibile. Lo Basso risponde che sono 22 portate: ma gliel’ha ordinato il medico di fare 22 portate? Una cena da 300 euro se la possono permettere in pochissimi. E lanciare delle invettive perché la gente non vuole pagarti 300 euro è decisamente arrogante. E’ il mercato, bellezza: se la gente non ha più soldi, spenderà di meno. O cambi menu o cambi lavoro.

felix lo basso piatto

“Mancano i servizi e la metro chiude a mezzanotte”.  E vabbè, in quale città italiana ci sono più mezzi pubblici e meglio organizzati di Milano? In quale città italiana puoi comodamente viaggiare in metropolitana all’una o alle due di notte? Che lamentela è?

“Ormai un giovane chef dipendente guadagna di più al Sud, 1800-2000 euro. A Milano se ne prendono 1300-1400”. Questo sembra decisamente falso. Il problema della remunerazione del personale c’è, non solo chef ma anche camerieri. Ma non è tanto il divario degli stipendi nord/sud, quanto il costo della vita. Una differenza che c’è sempre stata e ora probabilmente è aumentata. Comunque, se faceva pagare 300 euro una cena e pagava 1300 uno chef, forse non è un male che abbia chiuso.

“Guadagna solo chi non ha la stella, i ristoratori come me fanno una fatica pazzesca…”. Questa frase sembra un po’ smentire il resto. Se guadagnasse solo chi non una stella, non sarebbe un gran problema. Anche perché il fenomeno degli stellati è una bolla che prima o poi doveva scoppiare. Michelin pompa locali, che una volta ottenuta la stella, raddoppiano i prezzi o quasi, e diventano insostenibili, per i clienti, ma anche per i proprietari. Evidentemente, il numero dei fine dining, non li chiamiamo stellati, deve diminuire, rapportandosi al numero di persone che si può permettere certe cifre.

“In Svizzera tutto funziona, la qualità della vita è alta, c’è capacità di spesa, c’è sicurezza. Mio figlio avrà sicuramente un futuro migliore lì”. Auguri. Anche perché ha già annunciato che il 20 febbraio aprirà a Lugano un locale suo nome, “Felix Lo Basso Restaurant”, con una socia svizzera: sarà uno spazio polivalente, un bistrot con tre sale, aperitivi, eventi e un fine dining da 12 coperti. Diciamo che, vista la situazione, la sua dipartita milanese non ci commuove granché. Se poi crolla tutto, ci vedremo tutti a Lugano.