Il labirinto vigneto Limito di Carpineti, il più grande al mondo Natura selvaggia, boschi, specchi d’acqua e mare in lontananza. Questo è lo spettacolo naturale che offre la Tenuta Antoniana della famiglia Carpineti, un altopiano immerso nella natura che da oggi ospita anche Limito, il labirinto di vigna più grande del mondo. Una vera opera di design, un suggestivo labirinto che rilegge la vigna in una chiave inedita e racconta un luogo inclusivo che è metafora della vita e rappresentazione di bellezza, arte e creatività. Ma non solo, Limito nasce anche come idea per gestire il vigneto in modo innovativo in risposta al cambiamento climatico.
Un’idea di Paolo Carpineti che, da qualche anno, custodiva questo sogno in un cassetto che oggi è finalmente realtà. Nato letteralmente tra i vigneti, Paolo ha sempre desiderato l’idea di una vigna accogliente e inclusiva.
“Generalmente un filare è composto da un punto A e un punto B, non c’è modo di attraversarlo come vuoi. A me questa cosa ha sempre data un senso di scarsa accoglienza, penso che un vigneto debba essere un luogo ospitale in grado di includere, di ospitare invece che di creare barriere”, racconta.
Così una porzione di vigna di circa tre ettari è stata ripensata completamente diventando un’opera di land art mastodontica e impressionante, un elaborato disegno che ospita due spirali e un labirinto, il tutto avvolto da un turbinio di onde, che vogliono abbracciare chi percorre l’interno della vigna. Un progetto firmato dallo Studio di Architettura del Paesaggio Fernando Bernardi che mette in pratica l’idea di Paolo Carpineti e la sua visione agronomica.
“Il labirinto è metafora del percorso della vita che ognuno di noi svolge cercando di trovare la strada per il raggiungimento dei propri sogni, della propria visione e realizzazione. Ci sono momenti in cui sono presenti ostacoli e interruzioni, situazioni in cui si deve cambiare direzione per imboccare finalmente quella giusta” continua.
Il vigneto-labirinto si fa quindi allegoria dell’esistenza riappropriandosi in questa versione enologica di tutto il suo antico simbolismo. Lo scopo principale è far vivere, a chi lo attraversa, un viaggio esistenziale da percorrere tra suoni, colori e profumi della natura, “un perdersi per ritrovarsi” affrontando questo piccolo viaggio. Un’immersione a cui fa da soglia un’altra opera di land art: a segnare l’inizio del percorso, infatti, è l’altalena Otium, ideata dall’artista corese Alessio Pistilli. Un’opera d’arte contemporanea dalla duplice funzione: un simbolo che può essere non solo goduto dalla vista come tutte le opere d’arte ma anche vissuto. Attraverso essa si può vivere un’esperienza personale legata alla nostra infanzia e, al tempo stesso, ammirare il labirinto e le sue onde da una posizione privilegiata.
Dal punto di vista agronomico la scelta dei vitigni per Limito era scontata e infatti sono stati piantati in primis Bellone e Nero Buono, varietà riscoperte dall’azienda quando erano praticamente dimenticate. Una vera scommessa e un progetto preciso, valorizzare queste uve attraverso l’approccio biologico declinandole in tipologie diverse, in base al microclima e al suolo di ogni tenuta con lo scopo di ottenere dei veri e propri cru in grado di esprimere il terroir in maniera unica. Ad aggiungersi alle due varietà anche un’altra uva antichissima: l’Abbuoto. Presente in questi luoghi già in epoca remota era il vino bevuto dagli antichi romani. Il vitigno faceva infatti parte del blend del vino Cecubo, decantato da Orazio e Plinio, come antesignano della grande viticoltura.
Le tre varietà sono state scelte con l’idea di rappresentare nel labirinto proprio le uve antiche di quei luoghi e rafforzare ancora di più il concetto di territorio. Uve autoctone che “leggono” il territorio e che si adattano perfettamente al suo terroir e alle nuove sfide climatiche.
“Dal punto di vista agronomico abbiamo scelto un’area specifica della Tenuta Antoniana perché c’è grande biodiversità ed escursione termica, ma anche un irraggiamento solare minore rispetto ad altre zone. Lo stesso labirinto è stato pensato con questo disegno per andare incontro alle esigenze della vigna e fare in modo che i vari filari, grazie all’andamento curvilineo si proteggano l’un l’altro” spiega Paolo Carpineti.
La particolare conformazione del labirinto sposa quindi anche una precisa sperimentazione: con le sue onde e le sue ombre, vuole infatti sviluppare un impianto nuovo che sia funzionale alla giusta maturazione delle diverse uve e in grado di valorizzare e gestire al meglio la pianta e i suoi frutti.
Inoltre, la scelta ha portato a creare un disegno preciso anche in base alla colorazione delle uve e delle loro foglie in maniera che, con l’arrivo dei primi freddi, cambino colore e trasformino il disegno in un tripudio di nuance che si accendono, fornendo allo spettatore un continuo cambio di scena. Un’architettura quindi funzionale ed estetica al tempo stesso, che si realizza in senso rinascimentale, per ridare dignità a luoghi antichi e integrarsi con essi, per valorizzarne la bellezza e “rendere le nostre tenute, nate e pensate per produrre uva, dei musei a cielo aperto. Trasformare ciò che è produttivo in qualcosa di artistico. Tornare a parlare di bellezza, creatività, ingegno e distintività”.