
Chef Rubio fermato: cinque litri di sangue animale per il sit-in pro Palestina. Chef Rubio (all’anagrafe Gabriele Rubini) ha sempre saputo come far parlare di sé. L’ex rugbista ed ex volto televisivo, diventato noto soprattutto grazie a Unti e Bisunti e Camionisti in trattoria ma anche per le sue posizioni estremiste, adesso rischia grosso: la mattina del 26 gennaio è stato fermato dalla polizia a Roma, si stava dirigendo verso un sit-in pro Palestina nella zona del ministero degli Esteri, e nella sua auto sono stati trovati cinque litri di sangue animale.
Cosa ci faceva chef Rubio al sit-in?
Portato in commissariato, Rubio avrebbe dichiarato di dover prendere parte alla manifestazione organizzata da Potere al Popolo contro la censura alle bandiere e ai simboli della Palestina, per contestare un atto di censura, appunto, di cui sarebbe stato vittima durante una sua partecipazione a un programma televisivo argentino. Alla manifestazione, poco dopo, alcuni partecipanti avrebbero tentato di imbrattare di rosso la bandiera di Israele. Ma il sangue contenuto nella tanica, avrebbe affermato Rubio, sarebbe servito per utilizzi in cucina. Se le analisi dovessero confermare il contenuto, per il cuoco ci potrebbero essere pesanti sanzioni.
Chi è chef Rubio
Frascatano, classe 1982, Gabriele Rubini dopo una prima parentesi da rugbista, decide di dedicarsi alla cucina (frequentando l’Alma). Ma più che ai fornelli, Rubio prende casa in televisione dove grazie a Unti e Bisunti diventa noto e si crea il personaggio di anti-chef: un mix di cliché, tra critiche verso chef, tendenze culinarie, populismo e veracità stereotipata, che però gli ha permesso di essere il protagonista di diversi programmi tv su Nove, DMAX e Food Network. Fino al ritiro dal piccolo schermo, in cui – aveva dichiarato poco dopo – non si sentiva più libero di esprimere le proprie opinioni.
Dal quel momento si è dedicato ad azioni umanitarie, nonostante non siano mancate le controversie, come quella con Amnesty International con cui nel 2018 si interrompe la collaborazione a causa di alcune sue esternazioni ritenute misogine dall’ente.