Chorus a Roma, a due passi da San Pietro l’incontro tra mixology e cucina d’autore

Chorus a Roma, l'incontro tra mixology e cucina d'autore

Chorus a Roma. A pochi passi da piazza San Pietro, lungo via della Conciliazione, c’è un riferimento della mixology con cucina d’autore, che dal 2021 porta la firma di Arcangelo Dandini. Il locale si trova al secondo piano dell’Auditorium Conciliazione, in quella che era la Sala del Coro, da cui il nome Chorus. Dopo una lunga pausa estiva, la location ha riaperto i battenti a settembre 2023, pronta ad affrontare le sfide della nuova stagione, inclusa quella del Giubileo il prossimo anno, per il quale ci si prepara a una ricezione totale.

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L’avventura del Chorus è arrivata per Dandini nel 2021, dopo il successo del suo ristorante L’Arcangelo nel rione Prati, Supplizio a via dei Banchi Vecchi e in contemporanea con l’inizio della gestazione di Garum a Londra (QUI il nostro articolo). “Arcangelo a via Belli è la casa madre, poi c’è Supplizio, nato nel 2014, a Banchi Vecchi. Da una parte la tradizione, dall’altra lo street food, in quella che definisco una bottega, dove puntiamo sulla sartorialità del cibo di strada. Lavoriamo con le mani. Mi ritengo un artigiano e quello della cucina è per me un mestiere“, ci spiega l’oste, come lui ama definirsi, per ricordare il valore dell’accoglienza nella ristorazione. “Lui è chef”, esclama, indicando il suo braccio destro Flavio D’Ambrosio. “Io sono un uomo di sala, di relazione. E non è una diminutio. La cucina è sì il mio regno, ma mi piace raccontare quello che faccio, specifica.

Da sinistra: l’Head chef Flavio D’Ambrosio, il barman Massimo D’Addezio, lo chef Arcangelo Dandini e Andrea Mautone, alla direzione di Chorus.

Nel 2020 abbiamo avuto mille difficoltà, Supplizio ci ha dato da vivere mentalmente. Avevamo chiuso Arcangelo (causa restrizioni da Covid-19, ndr), il mio personale si era disperso – ricorda Dandini – Poi siamo ripartiti piano piano nel 2021. Una sera di luglio dello stesso anno un gruppo di investitori mi ha proposto il progetto di Garum, contemporaneamente mi chiama il barman Massimo D’Addezio. L’ha inventato lui il Chorus, idealmente e a livello artistico, è una sua creatura. Mi parla della gestione della cucina e troviamo un accordo. Abbiamo pensato a un menu da una parte con una cucina specifica per la zona cocktail, dall’altra, al tavolo, una romana un po’ più evoluta, contemporanea, considerando la clientela internazionale. Il primo servizio è stato nel settembre successivo”.

L’ambiente

Chorus a Roma, l'incontro tra mixology e cucina d'autore

Il locale si trova posizionato a metà tra il Cupolone di San Pietro e Castel Sant’Angelo. Si accede dall’ingresso principale in via della Conciliazione. Una posizione impegnativa, immersa nella storia, ma chi pensa di trovarsi davanti un ambiente austero e severo sbaglia. Anzi, colpisce come a due passi da uno dei luoghi più sacri e visitati al mondo, si sia riusciti nell’impresa di dare vita a una location in cui trova spazio non solo la cucina autentica, ma anche la night life. Un ibrido unico nel suo genere perché non capita ovunque a Roma di cenare o fare una cocktail experience in un salotto chiuso con un panorama esterno così centrale e di ampio respiro, ben visibile grazie alle imponenti vetrate. In aggiunta, il locale ospita anche opere d’arte di artisti provenienti da tutto il mondo, in uno specifico spazio.

Ci sono 75 coperti nel salone principale, più altri 14, sistemabili in un’ulteriore sala. Per gli eventi privati si può arrivare a 120 persone, con standing fino a 250. A sorvegliare il tutto da uno dei lati della grande sala principale, tra marmi di Carrara e mobili decò, una statua di papa Pio XII, al quale è dedicata la sala stessa. Nel ristorante si mangia dal martedì al sabato, dalle 19 alle 23. Dopo l’ultima comanda, dal giovedì al sabato, il dj alza il volume e chi vuol ballare è libero di farlo. “La cosa piacevole è che la clientela della fascia 30-60 finisce la cena e c’è una sorta di turn over con i giovani, fascia 25-35, che vengono a fare la loro cocktail experience”, ci racconta con soddisfazione D’Addezio.

Il menu di Chorus

Il menu post riapertura celebra la tradizione romana e non solo, mantenendo uno sguardo all’internazionalità e alla proposta de L’Arcangelo, ma in chiave Chorus. C’è l’American bar, un grande salotto, ma allo stesso tempo una cucina vera, capace di soddisfare anche le esigenze di una persona che arriva da New York e vuole mangiare una buona carbonara. I prodotti puntano su una filiera tracciabile, come si evince già dalla provenienza di alcune materie prime scritte in carta quali il capocollo di Martina Franca o le patate di Leonessa. Tra gli antipasti abbiamo assaggiato il Torcione di fegato d’oca, con Plasmon, caramello agli agrumi e sale affumicato (20 euro). Un piatto che per Dandini segna l’Anabasi, dal greco “viaggio all’interno”. “Si parte dal Plasmon, il primo ricordo gustativo che conosciamo, fino ad arrivare al foie gras, che per me resta l’apice della consacrazione gastronomica di quella che può essere la massima eccellenza del cibo“. Il risultato è inaspettato: il biscotto con la sua croccantezza si rompe e amalgama delicatamente al fegato d’oca. Dolcezza e sapidità si bilanciano tra loro. Il viaggio dall’infanzia alla maturità è compiuto. Altro antipasto da segnalare: Viaggio a Rocca Priora, dove lo chef è nato. Uovo, verdure crude, polline, croccante di mandorle e succo di amarene (18). Fresco e sgrassante.

Tra i primi, neanche a dirlo, un posto speciale merita la carbonara (18), fra i piatti che hanno reso più popolare Dandini e tra i più apprezzati dai clienti del Chorus e dell’Arcangelo. “Pochi ingredienti, messi bene”, ci ricorda e noi possiamo confermare dopo averla mangiata. Ci sono poi gli Gnocchi con patate di Leonessa, burro, bottarga, limone e parmigiano (18) o la Calamarata di Gragnano, con ragout di polpo in bianco (20).

Tra i secondi, la scelta è varia: dalla Picchiapò di manzo della tradizione romana (23) al Maialino in agrodolce Apicius, agrodolce di mele e verdure (25), fino alla Spigola dei nostri mari alla piccola ghiotta mediterranea, capperi, pomodori canditi e contorno (30). I contorni includono broccoletti, carciofi, cicoria romana e insalate, cotte o crude.

Territorio e stagionalità

La territorialità e la biodiversità restano dei punti cardine della cucina di Arcangelo, così come la stagionalità: “Se le cose le mangi in un certo periodo hanno anche un maggiore valore nutrizionale. Prima scegli il prodotto, poi la ricetta, sottolinea. “Arcangelo è uno chef con un dna ben preciso”, aggiunge D’Addezio. Tra le materie prime genuine che stanno più a cuore a Dandini, ci sono i prodotti dell‘azienda dei Castelli Romani Erba Regina (ve ne abbiamo parlato QUI): “Abbiamo una ‘spacciatrice’ di erbe spontanee a Rocca Priora, l’azienda Erba Regina, dove tutto viene raccolto a mano. Siamo in pochi a Roma ad avere i suoi prodotti. Un’erba croccante, vera, che cresce in territori incontaminati in una zona bellissima“.

Anche le radici sono importanti: “Della mia origine ai Castelli Romani mi porto dietro il territorio, il vissuto, facendone tesoro nella contemporaneità. Essere contemporanei, preservando però radici forti come le mie. La cucina è dinamismo, non immobilismo. Io faccio una carbonara che mia nonna non faceva così, mio padre anche la faceva diversa e io stesso ancora differente da quella di papà. Ma quella sottile linea rossa che ha a che fare con il passato resta. I miei locali si sono sempre distinti da questo tipo di impostazione filologica e concettuale. Riesco ad avere a Londra i carciofi di Sezze, il pecorino di Gavoi, il guanciale di Dol. Con questa idea sono partito per il Regno Unito e se così non fosse stato, non starei qui a raccontarlo”.

La proposta beverage

La cocktail experience del Chorus mette al centro il cliente, con l’approccio “Phaitù”, (“Fai Tu”, “Udooit” nella versione inglese), un modo di interpretare il menu, spiega D’Addezio, capostipite della scuola di pensiero che sposa l’approccio “iperclassico” alla miscelazione, rispetto a quello “iperinnovativo”: Il cliente ci dice se vuole un cocktail dolce, amaro, secco, agrumato, speziato o botanico e poi lo costruiamo noi“.

Sostanzialmente si dimostra una fiducia incondizionata nei confronti del barman o della barlady, ai quali si affida il destino delle proprie serate. Lunga la lista dei gin, dal Monkey 47 al Ki No Bi. Tra i grandi classici di Chorus: il Japanese 75, con Bombay Sapphire Gin e succo di yuzu giapponese o il 17 e Mezzo, con vodka, sciroppo di passion fruit, lime e tintura madre di peperoncini (18). Disponibili anche i cocktail analcolici come il Flower Power, con sciroppo di passion fruit, ducco di lime, Martini analcolico floreale e cetriolo. Passando ai vini, si varia dai mossi come il Billecart-Salmon Rosé, il Lunelli Pietragrande per i bianchi, il Peppoli Chianti Classico Docg per i rossi. Nel dubbio della scelta, il consiglio è quello di lasciarsi guidare da un professionista del calibro di D’Addezio, the “king of miscelescion“, come lui stesso scherzosamente ironizza, specificando che il suo primo cocktail Martini è datato nel lontano gennaio 1991.

 Chorus Cafè. Via della Conciliazione 4, Roma. Tel. 335 144 9655. Sito. Facebook. Instagram.

 

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