La pizza con l’anguria di Vincenzo Capuano, non se ne sentiva il bisogno
Fermiamoci un attimo. Lo so che la prima reazione sarebbe quella di sbottare, di prendere a male parole il pizzaiolo napoletano Vincenzo Capuano che per Ferragosto si è inventato una pizza con l’anguria, la panna e il kiwi. Lo so, è una reazione comprensibile. Ma forse è la reazione sbagliata. Innanzitutto perché ha il sapore un po’ di uno scherzo (non fa molto ridere, ma va bene). Ma anche per altre ragioni.
Seguici sui nostri social – Facebook e Instagram
Non che quella di Capuano sia una ricetta sensata. E’ chiaramente uno scherzo o una follia, costruita ad arte per creare visibilità, a prescindere dal consenso. Capuano vuole questo da noi: l’indignazione. Il suo risultato lo sta ottenendo e questo articolo lo dimostra. La gente parla di lui. Magari male, ma ne parla. Poi un dibattito con pro e contro non si nega a nessuno. Qualcuno arriverà a sostenere che la pizza con anguria e panna è ottima, un perfetto abbinamento di acidità e dolcezza. Va bene, si può sostenere tutto.
Ma il punto non è tanto la ricetta postata sui suoi social dal pizzaiolo. E neanche la tradizione vilipesa. Noi siamo contro la tradizione, oppio dei popoli. Ci sono cose buone nella tradizione e cose pessime, come nell’innovazione. Il punto è che proprio nella categoria dei pizzaioli, sottocategoria degli chef, sembra allignare da tempo una sorta di volontà di stupire a tutti i costi, un presenzialismo sfrenato, un esibizionismo sostanzialmente ridicolo. E’ lo stesso esibizionismo, a fine di marketing, che ha portato lo stesso Capuano a inventarsi le forbici dorate da mettere su ogni tavolo per tagliare la pizza. Ce n’era bisogno? No, ma è un buon titolo: la pizza che si taglia con le forbici.
Gino Sorbillo è il re delle sceneggiate alla pizzaiola. Si è inventato decine, che dico decine, centinaia di pizze per omaggiare il potente di turno, il vip e sottovip di passaggio, nella speranza di elemosinare un granello di visibilità. Il risultato è che ha perso credibilità. Chi pensa più alle sue pizze? E’ diventato una sorta di macchietta, il rappresentante perfetto della categoria dei Pulcinella della pizza, abilissimi nell’arte di arrangiarsi e di lusingare il “dottore” di turno, oltre che in quella di impastare. Dietro ci sono decine e decine di pizzaioli onesti, che sperimentano in silenzio e lavorano duramente raggiungendo le vette. Ma la tentazione è forte. Non riguarda solo i pizzaioli, basti pensare al corrasivo e spesso oltraggioso Chef Rubio e al ridicolo Salt Bae, diventato famoso per il gesto plastico di aggiungere il sale alla sua carne (e vabbè).
Per tornare al principio, per noi non c’è problema nell’infrangere le tradizioni. Stefano Callegari, tempo fa, ci aveva confessato il suo desiderio di fare la pizza con l’ananas. Che anche pizzerie serissime come Crosta hanno messo in carta. Può piacere o meno. Ma quando la sperimentazione è solo per ragioni basse di mercato e di visibilità diventa un po’ una farsa. E manca anche di rispetto per la materia prima, ovvero quello che dovrebbe essere il cuore del mestiere: il cibo. Un po’ come fa quell’influencer che produce raffiche di videoricette su Instagram, intervellati dai suoi immancabili “e spettaolo” (è toscano). Nel frattempo prende la carne, le patate, il cibo e lo sbatte sul tavolo, con gesto che vuole essere disinvolto ma fa un po’ soffrire per il trattamento del cibo.
A questo punto, più che indignarsi bisognerebbe prendere atto che certi pizzaioli e certi chef ormai non fanno più quel mestiere. Sono passati dall’altra parte, hanno aperto un’agenzia di comunicazione e provano a venderci la loro merce. Nessun problema, non è reato, basta che si sappia che è solo business e nient’altro.
* Naturalmente ci sarà chi dirà: e fattela ‘na risata. E’ un divertissement, uno scherzo giocoso, un non prendersi sul serio. Fermo restando che decidiamo noi quando è il caso di ridere, ridiamo pure. Ma poi non pretendano di essere trattati come grandi chef e grandi pizzaioli. Nel caso sì, ci faremmo una bella risata.