
Kohaku Roma. Considerata la più alta e raffinata espressione della cucina del Sol Levante, la cucina kaiseki rappresenta nella gastronomia giapponese una forma di pasto tradizionale a più portate. Un vero rituale culinario, fondato sull’accoglienza e ospitalità giapponese, in cui lo chef durante il pasto prepara espressamente ogni cosa. A Roma, diversi gli indirizzi che propongono una cucina giapponese tradizionale o innovativa, pochissimi specializzati in kaiseki (un esempio è Sushisen a Ostiense).
Sabrina Bai, già proprietaria di Shiroya, ristorante della tradizione giapponese, ma in stile izakaya, decide di dar vita a Kohaku, ristorante di cucina kaiseki a Roma. Kohaku ha aperto le porte, in sordina, a novembre 2022 in via Marche, nel quartiere Ludovisi. Nel progetto, ad affiancare Sabrina, chef Hideyuki Matsushita e chef Kazuaki Kawane.
La filosofia Kaiseki
I viaggi in Giappone di Sabrina l’hanno fatta innamorare non solo della cultura, ma anche dei suoi sapori. Infatti, dopo Shiroya ha voluto creare un luogo dedicato al fine dining della cucina giapponese. “Qui si viene per provare un elegante pasto della tradizione che si snoda attraverso un importante percorso che alterna tante portate gastronomiche, ideate e realizzate da due chef del Sol Levante specializzati nel Kaiseki”, racconta Sabrina. Il termine kaiseki, indica il pasto che accompagnava la cerimonia del tè. Questa bevanda, ha origini molto antiche e i piccoli piatti di accompagnamento alla sua degustazione, danno vita alla cucina kaiseki. Tre le linee guida: piatti caldi, serviti con il massimo rispetto delle temperature; quantità di cibo dosate affinché la degustazione avvenga senza spreco; eliminazione all’interno della portata di tutti gli elementi decorativi privi di una funzione degustativa. Secondo questo rito, mangiare diventa una vera e propria esperienza spirituale ed emozionale. Kohaku, infatti, ha creato dei percorsi per “offrire attraverso ogni portata tutta quella cura che, soddisfacendo un bisogno, pone il corpo e lo spirito nella condizione di desiderare e apprezzare ciò che arriverà dopo“.
Il ristorante
Il design minimal del ristorante a due passi da via Veneto, rimanda alle storiche dimore del Giappone. Non manca il tocco italiano, grazie all’uso del travertino scelto dallo studio AMW architettura, che ha curato il progetto. Ad accogliere i clienti un grande bancone in legno destinato alla degustazione di sushi kaiseki. In sala poi, il legno predomina su tutto, dal pavimento al soffitto, dai tavoli alle sedie. Circa venti i coperti tra sedie e divanetti lungo il perimetro, a cui si aggiungono altre dieci sedute del bancone. Piatti, bicchieri e poggia-bacchette sono realizzati su misura da Sebastiano Allegrini e Angelica Mariani nel laboratorio Pots, del rione Monti. Il tutto fa da contorno alla filosofia del locale basata “sull’utilizzo della migliore materia prima locale, da assaporare in un ambiente autentico che ricorda le case tradizionali di Kyoto, senza dimenticare il tocco caratterizzane dello stile made in Italy”.
La cucina di Kohaku
Da Kohaku due sono gli chef, così come i percorsi di degustazione: il puro kaiseki a cura dello chef Hideyuki Matsushita e il kaiseki sushi dello chef Kazuaki Kawane.
Alla base di entrambi i menu c’è la stagionalità, il rispetto per la materia prima locale e le tecniche di lavorazione della cucina giapponese, come taglio “kiru”, sobollitura “Niru”, cottura al vapore “Musu”, griglia “Yaku” e frittura per immersione “Ageru”. Inoltre, gli chef hanno studiato accuratamente per circa due mesi le consistenze delle materie prime e le loro reazioni alle diverse tecniche di cottura. Questo per mantenere un equilibrio tra la ricerca dell’umami e gli altri cinque sapori: acido, dolce, salato, amaro e piccante. Per quanto riguarda la materia prima, il pesce arriva dall’Antica Pescheria Galluzzi; il riso, protagonista della cucina giapponese, è il “Wadachi Mai”, biologico e naturale e proviene dalle terrazze dalla prefettura di Nigata; anche per sakè e carne wagyu si fa riferimento a fornitori giapponesi.
I due percorsi di Kohaku sono riservati esclusivamente a cena, mentre a pranzo è possibile mangiare alla carta per avere un assaggio di cucina kaiseki, accessibile a tutte le tasche. I piatti di giorno si ispirano alla Bento box, l’iconico portapranzo giapponese, con riso e contorni, oltre a specialità di pesce, carne, verdure, tempura a seconda della stagione. Si può scegliere per il “lunch set” con carne, pesce, sushi e sashimi (dai 19 euro ai 48 euro). Tra le portate del pranzo troviamo anche il ramen (18 euro) sia nella sua variante a base di pesce e frutti di mare, che in quella classica con base di brodo di pollo.
I due percorsi di Kohaku: puro kaiseki e kaiseki sushi
Un elemento che distingue i due percorsi è il rapporto diretto con lo chef Kawane che rende caratteristica l’esperienza del sushi kaiseki. Infatti durante il rito, gli ospiti ricevono le portate direttamente dallo chef.
Entrambe le degustazioni vengono inaugurate con un calice di sakè che anticipa le pietanze. Il rituale Kohaku kaiseki di chef Matsushita, di nove portate (120 euro), si apre con la Sakizuke, una crema di patate dolci e cipolla lavorata con crema di latte, seguita da Zensai, una sequenza di piccoli antipasti. Si passa poi all’Otsukuri, una selezione di sashimi del giorno, per passare all’Agemono, un filetto di spigola avvolto in una nuvola di panure fritta. Nelle successive portate mare e terra si alternano. C’è anche un omaggio alla cucina francese che ha avuto una grande influenza in quella giapponese: lo Shiizakana, un filetto di carne piemontese con riduzione di Madeira, foie gras alla griglia e una crocchetta di patate. Prima dei dolci, una zuppa calda di udon termina il percorso. Due le mansioni che lo chef non delega mai: la cottura delle carni e la salatura delle pietanze. I sapori dei piatti sono esaltati dalla combinazione tra katsuobushi e kombu, nei diversi brodi per esaltare l’umami.
Il Kohaku sushi kaiseki di chef Kazuaki Kawane (180 euro) è composto da 12 portate scritte a mano dallo chef su un foglio di pergamena, firmato “memoir” dopo l’ultima portata del percorso. A seguire il benvenuto dettato dal calice di sakè e dal saluto dello chef verso i commensali, il sous chef inizia il taglio del pesce a vista. Tutto è preparato espressamente dallo chef, che nel servire le portate racconta aneddoti, mentre in sottofondo una musica jazz giapponese accompagna il percorso. Le portate vengono servite in ordine meticoloso, dove gusto e consistenze si alternano. Si parte con il saki-zuke, un antipasto seguito dall’osuimono, una piccola zuppa e dall’hassun, un vassoio di sfizi culinarie. Si prosegue con sushi e sashimi, seguiti ancora da alternarsi di portate di diverse consistenze e temperature. Prima del dolce, si chiude il percorso con l’oshirumono, una zuppa di miso rosso. Il mizugashi è il dessert, che nellla cucina kaiseki è sempre a base di frutta e acqua, con l’o-cha, una tazza di tè caldo.
Kohaku. Via Marche 66, Roma. Tel. 06 4566 5202. Sito. Facebook. Instagram
Aperto tutti i giorni a pranzo e a cena, tranne la domenica