
Dogma Roma, un ristorante di pesce con brace spettacolare. Di solito ci andiamo piano con gli aggettivi. Ma stavolta ci siamo imbattuti in un oggetto raro: un ristorante di pesce di grande qualità, bello, con piatti originali ma mai azzardati, con una cura delle materie prime da “stellato“, prezzi molto più bassi di certi locali cool e un servizio competente, gradevole e garbato. Nella persona di Alessandra Serramondi– sommelier italo-cubana, classe 1995 – e Gabriele Di Lecce – chef classe 1994 ma già con grande esperienza.
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Ci eravamo andati senza troppe aspettative. Forse perché la zona non è esattamente una meraviglia: la sgangherata piazza Zama, una rotatoria riempita da un parcheggio con pochi locali di qualità (a parte Sbanco e Domenico dal 1968, che sono qui vicini). Gli amici già ci maledivano: ma non si poteva andare a Trastevere? Anche avvicinandosi, il sospetto rimane: nei dintorni ci sono baracci e locali desolati e la scritta nell’unica vetrina Dogma non fa capire bene di che si tratta, anzi depista abbastanza.
E invece entriamo (fuori c’è anche un dehors), ed eccoci in un posto moderno, piacevole, con pareti color panna solcate dallo scheletro di un grande pesce e da un grande quadro con foglie morte, tavoli neri e sedie intarsiate, bei lampadari moderni snodabili e un pavimento discutibile. C’è una scaffalatura con una cinquantina di bottiglie e poi c’è Alessandra, che ci accoglie con un sorriso.
Il menu di Dogma Roma fa già capire che siamo a un livello d’eccezione. C’è un menu fisso da 5 portate a 40 euro (cosa?). Gli antipasti sono tra i 4 euro delle ostriche e i 14 euro del pastrami di tonno. Tra i primi, si parte con linguine di mare a 12 euro e si arriva fino a un massimo di 17 euro con i Bottoni di arzilla, burro acido e origano.
Eccoci ai secondi, contorni e dolci. Notare l’assenza di coperto. Si paga solo il pane fatto in casa (buonissimo), con grani antichi siciliani Tuminìa, macinati direttamente in cucina, servito insieme a un olio pugliese intenso.
Ma prima di guardare i piatti uno per uno, presentiamo i due soci, che sono coppia anche nella vita. Si sono incontrati e innamorati al Ristorante stellato Il Tino di Fiumicino, dove per 4 anni hanno lavorato insieme per lo chef Lele Usai. Di Lecce ha lavorato al Mosaico di Ischia, al Pagliaccio di Anthony Genovese, poi allo stellato Tino, fino al 2021, e un’esperienza francese, da Alléno Paris, il ristorante 3 stelle Michelin dello chef Yannick Alléno.
Alessandra Serramondi, invece, è italocubana. E’ nata all’Avana e ha avuto esperienze in Brasile, Francia e poi in Italia, con la tappa finale a Ostia, dove al Ristorante Il Tino ha conosciuto Gabriele.
I due, durante l’emergenza Covid, decidono di mettersi in proprio e trovano un socio finanziatore. Scelgono un format che consenta di tenere bassi i prezzi, comprano tagli di pesci piccoli e locali (soprattutto alici, scorfani, tracine, occhiate, saraghi), fanno tutto loro in casa, bisque, brodetti, fondi. E partono, mettendo in cima la griglia, la brace, realizzata attraverso il Green Egg. Di Lecce si ispira ai maestri del genere, Asador Etxebarri di Victor Arguinzoniz ed Errico Recanati, chef e patron del ristorante Andreina a Loreto.
La cucina alla brace
La caratteristica del menu di Dogma è che il pesce e le verdure vengono cucinate alla brace, dando così un tocco originale e innovativo alla cottura. Le verdure sono raccolte nell’orto del padre di Alessandra, a Maccarese, sul litorale. Quella che vedete sopra è la fresella – Tra il grano e il mare – con alice marinata, cipolla in agrodolce e capperi fritti. Meravigliosa.
Qui abbiamo tre componenti che vanno integrate e spaccano, nonostante la brutta foto. A sinistra, il pastrami di tonno, che viene marinato per 48 ore in spezie e aromi (paprica, peperoncino e molte altre), poi passano altre 48 ore per attendere l’asciugatura delle carni del pesce e poi tre ore in brace in legno di faggio. Al centro, per smorzare il sapore forte del pastrami, un burro fatto in casa, a base di miele, senape e paprica. A destra, taralli lisci sui quali spalmare il burro e adagiare il pastrami. Capolavoro di equilibrio.
In primo piano c’è il piatto di crudo, che è un piatto ottimo, anche è molto semplice, perché il ristorante punta tutto sulla cottura alla brace. Sullo sfondo, cozze e vongole con crema all’aglio confettato. Un aglio che viene sbianchito in sei pentole differenti, per eliminare l’allergene (che si trova nel cuore) e smorzare l’odore.
Questo è il piatto che ci ha fatto volare. Apparentemente semplicissimo, in realtà una meraviglia di complessità: si tratta di fettuccine (con il grano siciliano che le rende ruvide e saporitissime), una bisque (brodo di crostacei) di scampi a mantecare, scampi crudi, scorza di limone e un battuto di scampi e zucchine affumicati in brace. Mai provato un primo così appagante, delicato e al tempo stesso potente. La dolcezza degli scampi, eleganti e fragili, viene corretta dall’acidità del limone e dal sapore deciso della brace, che chiude il cerchio.
Sopra vedete il fuori carta, un pan brioche tostato, con un morone affumicato in brace di legno di ciliegio. Il morone è una ricciola di profondità, che si trova in Liguria, ed è tanto brutta quanto saporita e apprezzata nei ristoranti gourmet. Il tutto si accompagna con una maionese al whisky, che è invecchiato in botti di Sherry per 10 anni. La bieta all’agro è appassita alla brace.
Per chiudere, i dolci. Un tiramisù che può deludere gli amanti della versione morbida e “pannosa”: questo è molto consistente e cremoso. E questo millefoglie chantilly e frutta di stagione, leggermente troppo dolce e un po’ impegnativo ma molto piacevole.
Il tutto l’abbiamo innaffiato con due macerati campani, consigliati dalla brava Alessandra che è sommelier e ha messo in piedi una carta interessante e originale. Sono due Fiano d’Avellino dell’azienda Tufiello: il Sancho Panza e il maceratissimo Montemattina.
Una meraviglia di cena, come non ci capitava da tempo. Ah, il nostro conto finale (che noi di Puntarella Rossa, come sapete, paghiamo sempre) è stato di 60 euro a testa, senza risparmiarci antipasti, primi, secondi e dolci, e due bottiglie di vino. Andateci, prima che alzino i prezzi (ma andateci anche se li alzano).
Dogma Roma, piazza Zama 34, tel 06 86679819. Aperto anche la domenica, chiuso lunedì