
Campocori a Roma. Mangiare nei ristoranti degli hotel è uno dei trend del momento in tutte le grandi città. Roma da questo punto di vista non si lascia parlare dietro. Nonostante negli ultimi due anni la pandemia abbia giocato un duro colpo alla ristorazione e all’hotellerie, abbiamo visto un recente boom di aperture di ristoranti degli hotel. Così alle recenti novità di Beverly del the Hoxton, Giano del W Rome, Don Pasquale dell’Hotel Maalot, si aggiunge a questa lista Campocori, ristorante dell’Hotel Chapter (ve lo avevamo già anticipato qui), nel ghetto ebraico.
Marco Cilia, imprenditore romano dietro al progetto del Chapter, asseconda ancora i bisogni sia degli ospiti che soggiornano nell’hotel, sia dei local, dando vita a un “fine dining anticonvenzionale“. L’idea alla base di Campocori è quella di creare un mix tra arte, design, eccellenza gastronomica e mixology. Per raggiungere questo obiettivo Marco si è avvalso di un team ben strutturato: Jacopo Arosio, general manager, Alessandro Pietropaoli e Solomiya Grytsyshyn alla guida rispettivamente di cucina e bancone, e Marta Pandemiglio, restaurant manager.
Il ristorante

Lo spazio è stato ristrutturato da Tristan Du Plessis, famoso interior designer sudafricano, che già aveva firmato ogni ambiente del Chapter. La sala, ricavata da un’ala inutilizzata dello storico palazzo, conta circa 40 coperti tra le poltroncine e il divanetto perimetrale. Si ispira agli eleganti ristoranti della New York anni ’30, dove si combinano architettura e arte. L’occhio nota subito i mattoncini a vista restaurati, che riprendono lo scheletro del palazzo, la boiserie dai colori scuri, l’alternarsi del marmo dei tavoli, con poltroncine in velluto e le grandi stampe del fotografo Haris Nukem.
La cucina
L’offerta dell’Hotel Chapter si declina in tre forme: il gourmet gastronomico di Campocori, la terrazza stagionale Hey Guey, con la sua identità messicana, inaugurata lo scorso maggio e il Lucky Fish Market, l’angolo asiatico più informale dell’hotel. L’intera proposta food dell’hotel è seguita dall’executive chef Alessandro Pietropaoli, classe ’90, cresciuto ad Anzio. Torna a Roma a distanza di 13 anni dall’inizio del suo percorso, prima a La Posta Vecchia a Ladispoli, poi da Antonello Colonna. Ha poi collezionato esperienze all’estero, dalla Francia all’Egitto e in ristoranti pluristellati a fianco di Vito Mollica e Antonino Cannavacciuolo. Oggi lo vediamo alla guida della cucina di Campocori, affiancato dal sous chef Valerio Baiano e dal pastry chef Luca Scagliarini.

“La mia cucina si nutre di incontri, esperienze, tecniche, sapori e ispirazioni dei luoghi che ho attraversato, senza mai allontanarmi troppo dalle mie origini, ma sempre in continua evoluzione“. Le esperienze a Villa Crespi e al Four Season, hanno portato ad Alessandro quello che definisce lo “switch mentale“, dove ogni boccone deve racchiudere tutto il gusto di un piatto. “Dalle esperienze pluristellate ho imparato che un piatto rappresenta non solo il buono, ma anche le difficoltà in corsa; una ricetta è sempre un insieme di fallimenti, di prove non riuscite al 100%”. Il menu di Campocori recepisce oltre alle esperienze di Alessandro anche la passione per la cucina tradizionale, ma rivisitata in chiave contemporanea. In particolare si ritrova in ogni portata un connubio tra tradizione e continua ricerca. A conferma di ciò, un intenso utilizzo di spezie orientali o di metodi di cottura diversi da quelli tradizionali ad accostare le radici italiane. “Eleganza, ricerca e creatività” sono le parole chiave che fanno da filo condutture nella cucina guidata dallo chef.
Il menu
Nel menu, dove mare e terra si alternano, si prediligono materie prime italiane. I piatti variano in base alla stagionalità, ma soprattutto “in base ad erbe e ortaggi forniti da una contadina di Frascati, con cui studiamo i migliori accostamenti“. Perciò “Campocori vuole proporsi come ristorante in cui poter tornare più volte, facendosi trovare sempre pronti con qualcosa di diverso da far assaggiare, per non risultare mai noiosi“.
Versante fornitori, lo chef prima di iniziare col progetto ha voluto incontrarli personalmente per instaurare un vero e proprio rapporto di fiducia. Anche se, appena può, torna ad Anzio dal piccolo fornitore di fiducia, che lo ha visto crescere, per comprare il pesce. Così come per l’agnello si affida al piccolo contadino di Viterbo, o ancora al macellaio di Latina per le animelle. “Il contadino è il primo chef e quello che arriva sul tavolo non è che una conseguenza di ciò che ha fatto lui“, quindi far forza comune con i fornitori è ciò che dà un valore aggiunto.

Tornando al menu, che potete trovare da Campocori, si parte con i bites di ingresso dove tradizione incontra innovazione. Infatti, la carbonara viene trasformata in un bon bon e il pane burro, alici, rivisitato con acqua di vongole e alghe di mare. Nel benvenuto dello chef anche un cannolo con ricotta, sfilacci di cavallo, miele e cannella e un mini plum-cake a base di zenzero, soia e burro bruciato.

Tra gli antipasti La regina di Montoro (18 euro) è quella che per lo chef rappresenta maggiormente la sua cucina: una sua interpretazione della zuppa di cipolle in cui la presenza delle spezie dona al piatto sapori nuovi e inaspettati. La cipolla viene cotta sottovuoto con kefir, macis e chiodi di garofano, successivamente bruciata, a cui viene aggiunta una dose calibrata di ras el hanout (miscela di spezie del Marocco), con fondo di infusione di coriandolo. Questo piatto povero di tradizione francese, con un ingrediente italiano e influenze arabe, racchiude radici, esperienze e luoghi che lo chef si porta dietro. E poi si prosegue con Anguilla 30 ore, rape, yogurt e aceto balsamico bianco (28 euro), dove l’anguilla viene lasciata marinare per 30 ore con spezie asiatiche e successivamente laccata con aceto balsamico di Modena, abbinata a rape, yogurt, umeboshi, infusione di fieno.

Da buon italiano, lo chef predilige i primi piatti. Tra questi il tagliolino AOP, ricci di mare, bufala e guanciale (30 euro), dove la pasta fatta a mano “come nelle domeniche passate dalla nonna“, non vede nessun passaggio in acqua, ma passa direttamente in padella a risottare. E poi c’è il risotto al pino mugo con coscette di rana e salsa daidai (26 euro), che vede accostato alla sua esperienza milanese un condimento giapponese a base di agrumi.
Per la carne si predilige la cottura alla brace, solitamente primo di due passaggi. Ad esempio il piccione in doppio servizio (34 euro), dove il petto dopo una prima cottura sulla brace, viene glassato con burro, servito con crema di pinoli, radicchio di Gorizia, bruschetta con patè di fegato di piccione e, infine, la coscia con il suo fondo.

Dal mare, invece, il rombo in crepinette, fiori di zucca, verza fermentata, salsa alla mugnaia (34 euro). La tecnica di cottura adottata (direttamente nella rete di maiale), permette di ridurre la quantità di burro, rendendo il pesce succoso all’interno, ma arrostito all’esterno.

Infine tra i dolci, particolarmente riuscito è Ricotta e barbabietola (12 euro), un dessert vegetale dalle varie consistenze, dove la rapa e namelaka al cioccolato bianco si combinano alla nota più grassa del latticino.
Per chi volesse provare più a fondo la cucina di Campocori, sono disponibili anche tre percorsi di degustazione: Emozioni (5 portate a 70 euro), Viaggio (8 portate a 95 euro) e Natura (4 portate vegetariane a 55 euro).
Della carta dei vini e dei relativi abbinamenti con i piatti se ne prende cura Marta, restaurant manager. Una selezione ben strutturata, che conta circa 120 etichette, con un’ampia scelta tra referenze estere importanti, biodinamici e grandi classici italiani, “siamo un po’ come “Bonnie e Clyde” racconta Alessandro. Anche la carta, così come il ristorante, sarà un continuo evolversi, sulla base della conoscenza di nuove cantine.
“Questo periodo ha messo sulle spalle delle persone un senso di appartenenza alla propria città con la voglia di scoprire mondi nuovi“, conclude Alessandro, che approccia questa nuova esperienza con “testa bassa e piedi per terra, per evitare di cadere e farsi male“. “Campocori si vuole proporre come outsider, posizionandosi con massima umiltà su un palcoscenico composto da tanti protagonisti, esprimendo sempre la propria personalità con coraggio e intraprendenza“.
Attualmente il ristorante è aperto solo a cena dal martedì alla domenica, ma c’è già in cantiere l’idea di aprire a pranzo nel weekend.
Campocori – Hotel Chapter. Via di S. Maria De’ Calderari 47, Roma. Tel. 06 89935351. Sito. Facebook. Instagram
[Foto copertina credits Venanzi]