Giano al W Rome Hotel. Il costante declino che ha subìto via Veneto e in generale il rione Ludovisi negli ultimi anni si manifesta scenograficamente in un buio surreale che aleggia tra le vie un tempo irrorate dalle sfavillanti luci dei locali del jet set della Capitale. Balza subito all’occhio, quindi, già ad alcune decine di metri di distanza, la figura del nuovo palazzo dell’Hotel W di Roma, fresco di apertura lo scorso 6 dicembre. Primo hotel del gruppo Marriott in Italia (seguiranno altre aperture a breve), rappresenta forse la novità più importante in fatto di hospitality, visto anche il vortice pandemico che ci ha investito negli ultimi due anni.
L’offerta del nuovo hotel si snoderà tra il ristorante Giano, affidato a chef Ciccio Sultano, il lounge bar e la terrazza 8, con vista su Roma. Il Giardino Clandestino affianca invece il ristorante al piano terra: un dehors esterno con bar attrezzato che coniugherà le proposte del ristorante e del bar.
A livello di ristorazione, il nuovo W punta quindi forte su una certezza del panorama gastronomico nazionale. Chef Ciccio Sultano, capace di sublimare l’espressione della cucina siciliana nel suo bistellato Duomo di Ragusa, sbarca per la prima volta a Roma, dove è affiancato da Nicola Zamperetti. Essendo ancora “una soft opening”, al momento sono aperti solo il lounge bar e Giano, che siamo andati a provare.
Informale e condiviso
Nonostante il contesto sia quello di un hotel 5 stelle lusso, lo stile è minimal, informale e molto molto giovane in pieno stile W. Ciò è sottolineato dalla musica elettronica che inonda ogni ambiente, anche la sala ristorante.
La selezione degli antipasti è pienamente in linea con l’idea di ristorazione del nuovo ristorante, dove finger food e derivazioni streetfood la fanno da padrone. Quasi tutto quello che abbiamo provato si mangia infatti con le mani: dai tacos con tonno rosso (20 euro), al pane burro e alici, fino al pane e panelle. Da grande fan di questo caposaldo dello streetfood palermitano, ho molto apprezzato la delicata presenza dello zest di lime sulla panella, che dà un tocco di freschezza e leggerezza. L’impronta siciliana è ben strutturata anche grazie alle sarde alla beccafico (12 euro), presentati su un letto di passata di pomodori bruciati.
I primi
Le paste sono tutte fatte a mano con grano di semola italiano. Non mi sono fatto sfuggire l’opportunità di provare uno dei signature dish che hanno reso famoso il Duomo a Ragusa: gli spaghetti Taratata (16 euro). È sicuramente un piatto che ha saputo soddisfare le attese: un’esplosione gustativa lunga e intensa. Il carpaccio di cernia e la bottarga di muggine avrebbero potuto appesantire un piatto e renderlo ridondante. Ma il segreto dello chef è la salsa di limone, cannella, arancia, pinoli e mollica che abbraccia voluttuosamente il tutto regalando freschezza. Immancabili poi altri omaggi rivisitati alla tradizione siciliana come la pasta fuori norma (16 euro) e quella con le sarde (15 euro).
I secondi e la brace
Tra i secondi abbiamo assaggiato il maialino nero dei Nebrodi al tartufo con cachi su letto di lenticchie (23 euro) e la ventresca di tonno brasata (28 euro). Se il primo è sembrato un piatto un po’ “stanco”, sorprende per struttura e personalità la ventresca. Trattata come una carne, gioca sapientemente tra i contrasti del mare e il succo del fondo di manzo su cui è adagiata. Piatto opulento.
Giocano poi un ruolo particolare all’interno della proposta di Giano i secondi alla brace, un tipo di cottura reinterpretata anche dai ristoranti gourmet negli ultimi anni. Anche qui viene incoraggiata la condivisione del pasto. Grandi portate adagiate su voluminosi vassoi emanano odorosi effluvi delle erbe ancora fumanti che accompagnano le carni. La scelta è ampia: polpo, spigola, sgombro, sarde, ma anche pollo, manzo e cavolfiore. Ognuno accompagnato da una salsa dedicata e pensata per rievocare il variegato crogiuolo di influenze culinarie di cui è caratterizzata la cucina siciliana.
La carta dei vini
Attenta e studiata è anche la carta dei vini, selezionati dal sommelier Christian D’Antoni. Curioso e interessante il focus sulle categorie “Le donne del vino”, “vini delle isole e “produttori Millennials” con cui apre la carta. Le referenze sono in gran parte naturali, incentrate su piccole realtà vinicole italiane.
I dolci di Fabrizio Fiorani
I dolci e la piccola pasticceria sono delegati a Fabrizio Fiorani, già miglior pasticcere d’Asia nel 2019 e legato a Sultano da una lunga collaborazione. All’interno dell’hotel c’è Zucchero, una “boutique dolce” dove è possibile anche per gli esterni provare le creazioni del pastry chef romano.
Abbiamo provato Olio, sale e grano (12 euro), una namelaka al cioccolato bianco Valrhona con olio extravergine, caramello salato e sablè con la semola. Con questo dolce Fiorani omaggia chef Sultano con il quale condivide l’idea che questi tre elementi custodiscono la genesi della cucina del mondo. Il tutto inserito all’interno di uno stampo che rappresenta il logo del ristorante il Duomo.
A livello estetico si gioca con i pieni e con i vuoti della medaglia di cioccolato in cui si inseriscono gocce di olio con vaniglia biologica del Madagascar e gocce di caramello salato alla vaniglia. In bocca è quindi un continuo contrasto tra texture diverse, ma soprattutto tra dolce e salato. Sicuramente un dolce evocativo e contemporaneo.
Giano sicuramente rappresenta una novità importante dell’offerta culinaria della Capitale. La proposta è versatile, si presta bene alla fruizione all day long tipica dei grandi alberghi di lusso. Il concept è diretto, moderno e condiviso, sicuramente diverso dai classici ristoranti paludati di questo tipo di hotel. Anche i prezzi, per ora non sono eccessivi, avendo speso poco più di 60 euro a persona.
Ristorante Giano. Via Liguria 28, Roma. Tel. 06 42016253. Sito. Facebook. Instagram