
Ottantafame, il ricettario sentimentale degli anni ’80, tra aspic e risotto fragole e champagne
Viviamo in un eterno presente, con scarso ottimismo sul futuro e nessuna voglia di conoscere il passato. Anzi, non si tratta neanche di mancanza di desiderio ma di inconsapevolezza. Non ci rendiamo conto che tutto quello che c’è, ha radici nel passato, ha una storia, un’origine, ha subito una trasformazione e che il presente non è altro che un’ipotesi sul futuro che non si è ancora avverata. Mi è venuto in mente questo leggendo Ottantafame, il bel libro di Carlo Spinelli che poteva essere la solita cavalcata ironica tra gelati al puffo e pennette alla vodka, ma è molto di più. E’ un quadro preciso di come gli anni ’80 siano stati un crinale decisivo per il mondo dell’enogastronomia. Senza sapere da dove veniamo, non possiamo capire chi siamo. E senza un contesto, tutto ci sembra venire alla luce come per incanto, per la trovata estemporanea di qualcuno o per l’improvviso e inspiegabile cambiamenti di gusto degli italiani.
(volete mettervi alla prova per vedere quanto ne sapete di anni ’80? Provate il nostro test)
Tra surgelati e microonde
Tra gli anni ’70 e gli anni ’80 c’è una mutazione radicale dell’economia e della società italiana. Arriva l’industrializzazione e arrivano il consumo di massa, standardizzato. I supermercati, che ora sono dati per scontato e spesso vituperati, e che allora, venendo da una civiltà contadina e povera, rappresentavano il lusso dell’abbondanza.
Da dove arriva il food porn
Il cibo da nutrimento diventa piacere, ostentazione, estetica. Il food porn arriva da lì, dal salmone affumicato, dagli aspic tremolanti, dal risotto fragole e champagne. Non si capisce perché le verdure fresche perdano terreno se non si racconta come abbia preso il sopravvento il cibo industriale, surgelato, precotto. E come sia subentrata negli italiani la sfiducia per il cibo della terra dopo Chernobyl. Del resto è la «mucca pazza» che fa ridurre il consumo della carne e la fa piacere solo se camuffata, annegata sotto chili di salsa tonnata o triturata e resa irriconoscibile. E non si capisce come sia crollato il consumo del vino quotidiano e sia cresciuto il vino di qualità, se non si racconta lo scandalo del metanolo.
Vino cartonato e contorno surgelato, taaac!
In questo periodo il cibo e le bevande diventano zuccherate, morbide, vellutate, colorate. Il cibo asettico, sintetico, è sinonimo di qualità. Lo zucchero diventa una droga, con caramelle come Galatine, Rossana, Ambrosoli. Con merendine come Girella e Tegolino, ma anche con il Nesquik. La Coca diventa di massa quando l’azienda riesce a sostituire lo zucchero con lo sciroppo di mais, che costa infinitamente di meno. Arrivano i fastfood, reazione alla tradizione italica delle cene lunghissime e ingessate e perfetti per la nuova generazione dei paninari, degli yuppies, per chi vuole essere e sembrare dinamico.
Da Ave Ninchi ad Antonella Clerici
Ogni azione ha in sé una reazione. L’abbondanza di zuccheri e sale fa nascere il fenomeno delle diete, ma anche della cucina vegetariana e vegana. Con l’arrivo di McDonald’s e Burghy nascono anche Slow Food e Gambero Rosso. Nasce anche la grande cucina, influenzata da quella francese e non si possono capire Cracco e Bartolini senza sapere chi è Gualtiero Marchesi. Non si possono capire Clerici Bastianich senza avere visto Ave Ninchi e Carla Urban.
Spinelli, noto anche come Doctor Gourmeta, racconta un pezzo di storia non solo gastronomica d’Italia e ci dice non solo quello che è stato ma anche a che punto siamo e dove stiamo andando.
Ottantafame. Ricettario sentimentale da un decennio interminabile – Carlo Spinelli – Marsilio – 18 euro