Opinioni, richieste, proposte dei ristoratori di Milano. Milano ufficialmente in zona rossa. Ancora. E tra i ristoratori, pur tenaci e resilienti finché si vuole, lo sconforto è palpabile. A tutti è ben chiara la necessità primaria della tutela della salute, ma la palese incoerenza di certi provvedimenti, che a questo punto paiono davvero accanirsi su alcune categorie, lasciando correre per certe altre, sta creando un diffuso malcontento nel settore. Così, mentre ci si affolla al supermercato mentre i musei rimangono chiusi (per fare un esempio tra i tanti), abbiamo dato voce ad alcuni ristoratori milanesi, che hanno voluto dire la loro non soltanto segnalando problematiche ma proponendo e riflettendo su soluzioni costruttive.
Aprire o non aprire? Le opinioni di ristoratori e chef di Milano
Tra i temi che sono emersi, quello dell’affitto dei locali, quello del blocco delle licenze, quello delle norme sanitarie.
Ecco cosa chi hanno detto Giulia Liu, Cesare Battisti, Stefania Lattuca, Davide Iannaco, Sara Preceruti, Riccardo Danesi, Suili Zhou, Stefano Guizzetti, Ilaria Puddu, Andrea Marconetti.
Giulia Liu, Gong
«Non è certamente facile per il Governo gestire questa situazione, nessuno lo mette in dubbio. È però necessario da parte delle istituzioni avere più consapevolezza, in generale e nello specifico di questo settore. Devono prendere decisioni nette, mentre in queste settimane la sensazione è stata quella di fare un passo avanti e tre indietro: ad inizio dicembre ci hanno detto che avremmo potuto riaprire per le Feste, poi a ridosso del Natale c’è stato un stop con la promessa di ricominciare con il 2021. Anche questo caso c’è stato un cambio di rotta. È insostenibile. Un realtà come Gong per aprire necessità di un investimento importante di risorse: personale, fornitori, allestimenti. Così come non è giusto per noi dover spendere in allestimenti floreali certe cifre per qualche giorno di apertura, non è nel nostro spirito far sì che i clienti rinuncino a parte delle nostre attenzioni che, al pari del menu, fanno parte dell’esperienza. In Europa è impossibile concepire una chiusura totale come è stato fatto in Cina. Allora è giusto che anche i ristoranti aprano, con la grande attenzione avuta nella scorsa primavera, a pranzo e a cena. Noi disponiamo di un impianto di condizionamento idronico, per citare un’accortezza su tutte, che rende l’aria pulita al pari di una sala operatoria»
Cesare Battisti, Ratanà
«Credo che non ci sia bisogno di far capire alle persone che il nostro comparto sia in pericolo di vita, è palese. Al contrario è necessario spiegarlo al Governo, perché nei nostri confronti è stato e continua ad essere a dir poco distratto. Da titolare del Ratanà, ma anche da Segretario dell’Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto, vorrei far notare che oltre ai ristoranti, che producono il 10% del PIL, è in pericolo la nostra filiera agroalimentare, di cui solo noi assorbiamo dal 30 al 40%. È ora di fare lo step successivo: non parlare più di chiusure ma di come aprire un sicurezza, con norme certe e chiare per tutti, aggiungendo ristori adeguati. Aprire non basta più, ormai il comparto è allo stremo, bisogna sostenerlo prima che sia troppo tardi»
Stefania Lattuca, Terrammare
«Il nostro settore non si occupa soltanto di cibo, ma anche di convivialità, di condivisione, quindi di esperienza. Non si può parlare continuamente di ristorazione a metà: solo a pranzo, solo a cena, solo a portar via, solo fino a quell’ora. Certo, all’inizio dell’emergenza sanitaria ci siamo ritrovati in un momento d’impasse generale, non solo nella ristorazione ma in ogni settore, da quello industriale all’istruzione. La ristorazione si è attivata con volontà e dinamismo per trovare soluzioni alternative e fare la sua parte. In un momento di spiazzamento inaspettato è stato quasi naturale pensare di fermarsi. Ora però sono convinta che questo “guardie e ladri” abbia perso di utilità, è scorretto. Se da una parte i dati hanno dimostrato che la chiusura dei ristoranti non ha influito significativamente sui contagi, dall’altro ci sta togliendo la dignità di persone e di professionisti. Da Terrammare, come vale per altri colleghi, abbiamo saputo adattarci e, dopo mesi dove abbiamo un po’ sofferto come giugno e luglio, da settembre eravamo ripartiti molto bene, con i clienti pieni di fiducia, che si sentivano tutelati quando erano nostri ospiti. E ormai capaci di vedere il nostro sorriso attraverso i nostri occhi. Dobbiamo riaprire.»
Davide Iannaco, La Taverna Gourmet / La Taverna / L’Altra Taverna
«Più che a dedicarmi a soluzioni dell’immediato presente, vorrei porre l’attenzione su un tema che riguarda il futuro. Credo che sarebbe una soluzione interessante pensare di bloccare la nuove licenze. Poiché il Governo non ci sta aiutando economicamente, la proposta di bloccarle per i prossimi cinque anni darebbe in mano ai ristoratori un tesoretto importante. Alle istituzioni non costerebbe nulla, mentre aiuterebbe i ristoratori su più fronti: agevolerebbe chi vuole continuare e ripartire, perché impedirebbe a realtà nuove – e quindi non provate da questa situazione – di aprire, magari al civico accanto, andando ad aggravare una situazione già delicata. Eviterebbe poi anche che le grandi catene vadano ad avvicinare ristoratori in crisi per rilevare l’attività a poco prezzo. Non solo: per aprire un’attività ex novo ci si dovrebbe rivolgere a chi ne ha una e la sta vendendo, dando un valore economico concreto alla licenza»
Sara Preceruti, Acquada
«Nell’immediato il Governo dovrebbe prendere seriamente le richieste dei ristoratori, sia sul fronte sostegno – soprattutto per quanto riguarda una regolamentazione del rapporto tra i ristoratori e i locatori degli spazi, un impegno particolarmente oneroso senza incassi e senza via d’uscita, fatto salvo il buon cuore del locatore -, sia sul fronte della gestione delle aperture e chiusure. Io sono pronta ad aprire, a pranzo e a cena, in totale sicurezza. Al contrario noto come sia difficile contenere fenomeni di assembramento sia all’aperto che al chiuso in molte realtà commerciali aperte anche nelle fasi in cui le regioni sono a livelli di chiusura alti. Se gli organi preposti ritengono necessaria la linea dura per contenere la diffusione del virus, allora è necessario un vero lockdown. In caso contrario, con tutta l’attenzione, le precauzioni del caso e con seri controlli, anche i ristoranti devono riaprire»
Riccardo Danesi, Dersett
«Personalmente ritengo che la gran parte dei ristoratori milanesi fosse già pronta a ripartire nella massima sicurezza, tanto per i clienti quanto per il personale. Ci siamo immediatamente adeguati alle disposizioni di legge con spirito costruttivo. Abbiamo condiviso le linee guida, investito energie, tempo e denaro per garantire servizio e salute. Con creatività e rapidità abbiamo trovato le giuste soluzioni di spazio, abbiamo sanificato e innovato. È quindi ora di riaprire a pranzo e a cena, nel massimo rispetto delle norme, senza ulteriori rinvii che potrebbero arrecare danni irreversibili ad un settore già al collasso»
Suili Zhou, MU dimsum
«Vorrei si facessero scelte chiare, prendendo posizione solo se capaci di mantenerle. La chiusura dei ristoranti da ottobre ad oggi ha indiscutibilmente dimostrato di non essere incisiva sul calo dei contagi. Al contrario, durante il periodo di apertura da maggio a ottobre, MU dimsum, rispettando rigorosamente tutte le norme per garantire la sicurezza di clienti e personale, non ha avuto alcun caso di contagio tra i dipendenti, né alcuna segnalazione da parte di clienti. Se si chiude tutto allora si chi deve chiudere davvero tutto, come nel lockdown di marzo e aprile. Al contrario, si riaprano anche i ristoranti, a pranzo e a cena. Non siamo solo pronto ad applicare alla lettere la normativa anti Covid-19 per preservare la sicurezza di tutti, ma siamo disponibili anche ad implementarla»
Stefano Guizzetti, Ciacco
«Non riesco a vedere una soluzione per ora, noi continuiamo a fare delivery e asporto ma, essendo la gelateria vicino al Duomo, i nostri clienti abituali sono tutti in smartworking, quindi se anche riaprissimo non avremmo lo stesso afflusso di prima. Purtroppo qualunque decisione verrà presa, fino a primavera per noi andrà così. Sono pessimista nel breve periodo e ottimista nel lungo periodo, quindi fiducioso dalla primavera in poi»
Ilaria Puddu, Giolina / Gelsomina / Crocca
«Quest’estate abbiamo riaperto coi distanziamenti, i ristoranti hanno investito molto per mettere tutto a norma come richiesto e comunque non ci fu questo boom di casi. Ovvio che se poi ci ritroviamo ad avere nel settore della ristorazione persone che non rispettano le regole e le normative siamo sempre punto a capo. Questa situazione di continuo apri e chiudi però non fa certamente bene, trasmette ancora più insicurezza perché diventa impossibile ragionare a lungo termine. Ho la sensazione che si stia girando a vuoto. Se dovessi scegliere, a questo punto preferirei tenere tutto chiuso un mese, come facemmo a marzo, aspettando che la campagna vaccinale prosegua, e riaprirei quando la situazione sarà migliorata davvero. Se mi dicessero che devo andare avanti così, senza sapere cosa succederà il giorno dopo, fino a giugno, preferisco una chiusura ferrea e vedere se effettivamente porta agli stessi risultati»
Andrea Marconetti, Killer Milano
«Nessun ambiente si è trasformato in questi mesi a pari del ristorante. Rispettando le norme ormai note, ritengo che i ristoranti siano tra i luoghi più sicuri Non comprendo questo accanimento, perché di questo si tratta, nei confronti della nostra professione. Io sono per la riapertura, magari con maggiori controlli su chi rispetta le regole e chi no. Non le rispetti? Allora lì sì, chiudi»
Patentino d’immunità? La parola ai ristoratori
In apertura: Acquada