
Non ha senso riaprire i ristoranti così, serve liberalizzazione licenze e dehors o cassa integrazione fino a settembre. In un recente articolo abbiamo visto tutte le folli idee e proposte possibili per una riapertura dei ristoranti, dal famigerato plexiglas alle distanze di sicurezza impossibili, alle mascherine (si potrebbe farci un buco per mangiarci dentro). Un conglomerato di pazzia, che parte dal nobile obiettivo di tutelare la salute pubblica, dei clienti e del personale, e arriva al risultato di rendere totalmente impraticabile e respingente l’idea di entrare dentro un ristorante.
L’ultima novità, che potrebbe dare il colpo di grazia, riguarda il possibile ruolo dell’aria condizionata nella diffusione del virus, come da studi scientifici in Cina. Ve lo immaginate un ristorante a Roma o a Milano senza aria condizionata? Vi immaginate di entrare in questa sorta di nosocomio con i camerieri/infermieri muniti di mascherina e guanti e fare bisboccia con 35 gradi, facendo attenzione ai droplet che viaggiano nell’aria?
Diciamoci la verità, non ha alcun senso riaprire in queste condizioni. Non ha senso per i clienti. E non ha senso per i ristoratori. Oggi Giancarlo Perbellini, dalle colonne del Corriere della Sera, ci informa che dovrà ridurre i coperti della metà e più. Eh beh, sì, non solo lui. Poi dice un’altra cosa piuttosto risaputa: “Il delivery porta incassi così marginali che quasi non è conveniente. Ma è necessario per mantenere vivo nel cuore dei clienti il ricordo della nostra cucina”.
Ecco, appunto, il delivery spesso ti fa finire in perdita. Chi lo fa, lo fa per tenere il contatto con il cliente, per disperazione, perché spera comunque di racimolare qualcosa. Nelle condizioni attuali, le piattaforme che consegnano hanno aumentato di molto il pizzo, pardon, la percentuale chiesta per consegnare. I fattorini no, quelli, continuano ad avere paghe da fame e niente diritti.
E dunque? E dunque, come dicevamo, non ha senso riaprire così. Il governo dovrebbe prendere una decisione drastica, forte, ma crediamo inevitabile: prorogare la cassa integrazione fino a settembre, cancellare gli affitti e consentire ai ristoratori di riaprire a partire da settembre-ottobre. E’ vero che potrebbe esserci una nuova ondata di contagio, ma arriverà, se arriverà, con un sistema sanitario più attrezzato e in grado di intervenire subito nei nuovi focolai.
L’alternativa è la deregulation. A Roma il sindaco dovrebbe consentire a tutti i locali di avere un dehors e dovrebbe liberalizzare le licenze. Dare a tutti, anche nei centri storici, magari per un anno, la licenza di mescita e di somministrazione, cancellare tasse e balzelli, tenere chiusi in casa i vigili che ti multano per un’insegna messa storta e mettere i ristoratori nelle condizioni minime per sopravvivere.
Sempre che li si voglia far sopravvivere, perché il silenzio di questi giorni dalle autorità sul tema risulta decisamente inquietante.