Non sopravvalutate il sommelier. Credo che la figura del sommelier sia esageratamente mitizzata. Ho sentito tanti raccontare aneddoti, su amici o conoscenti sommelier, da mettere in dubbio la scienza stessa e da far credere che esistano i superpoteri o magari la conoscenza assoluta. Io definirei il sommelier una figura eclettica, semmai, che si destreggia abilmente tra il suggerire un vino, stappare bottiglie, fare abbinamenti e il lucidare bicchieri o persino portare piatti al tavolo.
Va poi aggiunto che, dopo tantissimo studio e infiniti tentativi, il sommelier è, teoricamente, in grado di fare una cosa che reputo una delle azioni più affascinanti di tutte, ossia sentire il vino.
Sentire il vino significa conoscerlo, relazionarsi e interagire con esso, contestualizzarlo e dargli un volto, ma vuol dire, soprattutto, sapere cosa e dove cercare all’interno del bicchiere.
Fa poi parte del sentire un vino anche quell’azione di riconoscere i sentori attraverso l’olfatto, che incanta i neofiti e gonfia d’orgoglio i più appassionati. In realtà infilare il naso nel calice e pescare al suo interno odori e profumi non è poi un’azione così esoterica, si tratta piuttosto di un gioco di memoria.
Qualche giorno fa, per esempio, rientrando a casa e salendo le scale ho sentito l’aria che odorava come quando mia nonna preparava il ragù e, con un secondo, sono stata catapultata 15 anni indietro nel tempo.
Quello che è realmente successo è che la mia testa, percependo un odore che sembrava familiare, mi ha portato all’origine di quella sensazione attraverso il ricordo.
Il sommelier fa esattamente lo stesso. Affonda il naso nel calice e attraverso uno sforzo mnemonico non indifferente, crea le associazioni. Questo è il risultato di un costante esercizio.
Quando si è agli albori, infatti, la sensazione è quella di sentire nel calice solo il profumo indistinto del vino.
E’ col passare del tempo, bicchiere dopo bicchiere, che si riesce a percepire altro, sempre più specifico e sempre più dettagliato, che si scindono le sensazioni.
Va infine aggiunto che determinate tipologie di vino possiedono specifiche caratteristiche olfattive in base al territorio dal quale provengono, al vitigno con cui sono prodotti o al terreno sul quale crescono le vigne e che il sommelier ha acquisito la capacità di conoscerle e riconoscerle.
E’ per questa ragione sempre molto interessante provare a degustare “alla cieca” senza preconcetti e troppa didattica, è solo così che si impara davvero a lasciarsi andare, ad abbandonarsi alle emozioni che un calice trasmette, ma soprattutto è così che si sente davvero un vino.
Sostituirei quindi la conoscenza assoluta con lo studio costante, i superpoteri con una bella memoria e infine il mito con l’emozione.