La carbonara senza segreti, il gioco del vero o falso per capire. Fare il gioco del vero o falso sulla carbonara è un azzardo. Perché siamo un popolo di santi, navigatori ed esperti della carbonara. Tutti pensano di sapere tutto e di avere la verità in tasca. In realtà molte cose sono storicamente controverse, altre sono sicuramente false. Di poche abbiamo certezza. Proviamo allora a fare un vero e falso, prendendo come base il libro “La Carbonara non esiste”, di Alessandro Trocino, pubblicato da Giunti nel 2019.
La carbonara è una tradizione centenaria.
Falso. Non esistono documenti o citazioni che collochino la nascita della carbonara prima della seconda guerra mondiale.
La carbonara è un’invenzione dei romani.
Falso. Non ci sono certezze sul tema, ma è molto probabile che la carbonara sia nata dal felice incontro tra i soldati americani della seconda guerra mondiale e la popolazione italiana, laziale o abruzzese. Loro ci hanno messo la razione K, ovvero uova liofilizzate e bacon, noi il cacio e la pasta.
La prima ricetta è stata pubblicata in Italia negli anni ’50
Falso. La prima ricetta compare nel 1952, incredibilmente su una guida gastronomica americana, di una zona di Chicago: Vittles and Vice: An Extraordinary Guide to What’s Cooking on Chicago’s Near North Side. L’autrice, Patricia Bronte, propone la ricetta della carbonara, che è il piatto bandiera di Armando’s, ristorante di proprietà di due italiani (toscani).
Nella prima ricetta della Cucina italiana, c’erano aglio, gruviera e panna.
Falso. Nella prima ricetta pubblicata in Italia, quella della Cucina italiana del 1954, c’erano aglio, gruviera e pancetta, ma non la panna.
Nel libro di cucina romana, il Piccolo Talismano della felicità, edizione 1950, Ada Boni inserisce per la prima volta la carbonara
Falso. Ada Boni inserirà la carbonara solo nell’edizione successiva, negli anni ’60,
La prima citazione della carbonara risale al 1950,
Vero. Un articolo di quell’anno della Stampa racconta la Festa de n0antri di Trastevere, omaggiata dalla presenza di papa Pacelli, e si sofferma sulle trattorie, spiegando che da Ceseretto alla Cisterna gli ufficiali americani andavano a mangiare gli spaghetti alla carbonara.
La prima citazione in un film è nella Ciociara, con Sofia Loren
Falso. E’ in “Cameriera bella presenza offresi”, del 1951. Aldo Fabrizi fa un colloquio di lavoro con Maria, Elsa Merlini, e le chiede se sa fare “gli spaghetti alla carbonara”.
Trilussa adorava la carbonara.
Falso. Nel libro Lunga vita di Trilussa di Mario dell’Arco, del 1951, si legge: “È difficile che il nostro poeta muova all’assalto degli spaghetti alla carbonara o alla carrettiera se non ha di scorta due forchette ottime come la sua. Davanti alla bistecca sembrava me- glio disposto a improvvisare l’epigramma”.
La prima citazione letterario importante è di Luigi Malerba.
Falso. La prima è di Alberto Moravia, nei Racconti romani del 1954.
La carbonara l’ha inventata un bolognese.
Falso. Per quanto è possibile che la storia raccontata dal famoso chef bolognese Renato Gualandi sia vera, lo stesso cuoco non ha mai usato il nome carbonara e non ci sono prove che sia stato il primo a prepararla. Peraltro, lo chef ha dato diverse versioni e alcuni ingredienti non si sposano con la storia conosciuta della carbonara.
La carbonara si è sempre fatta con il guanciale.
Falso. A introdurla fu il grande cuoco Luigi Carnacina, nel 1960, nel libro “La Grande Cucina”. Prima si usava la pancetta.
Solo gli stranieri aggiungono la panna nella carbonara
Falso. Nel 1960, sempre Carnacina usò per la prima volta la panna, che da allora, fino agli anni ’80 inoltrati, fu usata regolarmente nelle carbonare romane. Per poi sparire e subire una sorta di damnatio memoriae.
Arcangelo Dandini non usa il pepe nella carbonara.
Vero. Lo chef romano non lo ama. Del resto non c’è scritto da nessuna parte che si debba usare per forza. Non c’è una ricetta codificata, ma solo una storicamente prevalente. La trattoria Al Moro, una delle prima a cucina la carbonara, usa tuttora il peperoncino.
In alternativa al guanciale si può usare la pancetta affumicata.
Falso. Più che falso, meglio di no: l’affumicatura dà un sapore troppo prepotente che non si sposa bene. Se non si vuole usare il guanciale, si può usare una pancetta, purché sia una pancetta tesa e molto stagionata. E’ la stagionatura che fa la differenza: tra un guanciale di supermercato e una pancetta ben stagionata, meglio di gran lunga quest’ultima.
Il nome carbonara deriva dalla Carboneria.
Falso. Non ci sono certezze su quale sia l’origine del nome. Le tesi sono tante, la carboneria, il colore dato dal pepe, la città sarda di Carbonia, i carbonai ciociari, perfino il nero di seppia usato in alcune ricette iniziali.
Per fare la carbonara non si usa l’albume.
Falso. Le ricette degli chef più accreditato prediligono una quantità maggiore di tuorlo, ma non escludono del tutto l’albume. Ridurre il “bianco” dell’uovo evita l’eccessivo effetto “frittata”.
Il colore rosso del tuorlo dipende dalla razza della gallina.
Falso. La razza incide sul guscio, mentre è l’alimentazione a influire sul colore del tuorlo. La colorazione del tuorlo dipende dai pigmenti (in particolare la xantofilla) che la gallina assume con l’alimentazione. Se mangia molta erba medica (alfa alfa), il rosso sarà più evidente. Sono molto utili per intensificare il colore anche i mangimi che contengono molti betacaroteni. Alcuni allevatori li arricchiscono con coloranti come la capsantina, presente negli estratti di paprica, o la cantaxantina, presente in alcune alghe e batteri, ma prodotta anche sinteticamente. Coloranti, comunque, consentiti dalla legge.
La carbonara si manteca sul fuoco.
Falso. Se c’è una cosa certa, in tutta questa vicenda, è che l’uovo deve stare ben lontano dal fuoco. Lo zabaione salato (uovo, pecorino e pepe) si manteca con il guanciale caldo.
Si usa esclusivamente pecorino.
Falso. Nel corso degli anni, il pecorino è arrivato dopo. Spunta fuori per la prima volta nel 1966, nelle ricette di Zoppi e Santi Brera. E anche ora si usa spesso in miscela con il parmigiano. La ragione è semplice: il pecorino è molto sapido e quindi, anche non salando la pasta, rischia di venire troppo salata. Quindi una quota di parmigiano “addolcisce” il tutto.
Si usa solo pecorino romano.
Falso. Il 99 per cento del pecorino viene prodotto in Sardegna. A causa di una legislazione volutamente confusa, si può usare la dizione “pecorino romano” anche per il pecorino prodotto in Sardegna. Per avere quello locale, bisogna trovare la dizione “Pecorino romano del Lazio”. Ma non è facile trovarlo, perché sono rimasti solo un paio di produttori.