Vivi Bistrot a Villa Pamphili rischia di chiudere, appello per salvarlo. Una querelle legale rischia di far chiudere una delle esperienze più note e apprezzate all’interno del parco di Villa Pamphili. Venerdì 3 gennaio 2020, se non interverranno fatti nuovi, Vivi Bistrot – con il suo punto ristoro, i campi estivi per bimbi e i corsi di yoga – dovrà chiudere i battenti. La notizia è rilanciata dalle titolari del locale, Cristina Cattaneo e Daniela Gazzini, in un video e in un appello nel quale raccontano la questione e chiedono aiuto. Proviamo a capire che succede e se c’è da mobilitarsi o meno.
Il video è intitolato “Aiutaci a salvare Vivi Bistrot e a non far morire Villa Pamphili”. La voce narrante spiega: “Dieci anni fa si è avverato un sogno, creare a Roma un bistrot immerso nel verde, dove sentirsi un po’ in vacanza, mangiare biologico e sentirsi coccolati. Un posto anche per le famiglie, con i bimbi piccoli come i nostri e lo abbiamo chiamato Vivi Bistrot. E ora, dopo tanta storia, rischia di chiudere, perché Roma Capitale non indice un bando pubblico per riattribuire la concessione“. Seguono una serie di “interviste” a cittadini che spiegano come Vivi Bistrot sia diventato nel tempo un punto di riferimento per chi va nel parco. Chiusura con denuncia finale: “La chiusura di Vivi Bistrot è una sconfitta per tutti. Comune, cittadini, patrimonio pubblico, imprenditori e lavoratori che saranno licenziati. Se vuoi protestare e far sentire la tua voce, firma la petizione “Salva Vivi Bistrot”.
Il link per firmare la petizione su Change.org è qui In mancanza di altri provvedimenti, come da notifica del Comune, Vivi Bistrot chiuderà, e con lui anche l’unico bagno pubblico agibile del parco. Tecnicamente, spiegano gli stessi proponenti dell’associazione, il Comune ha ragione: “ll Vivi Bistrot di Villa Pamphili ha ricevuto un ordine di sgombero per scadenza, a novembre 2015, dei termini della concessione. Quindi legalmente il Comune ha ragione in quanto sono scaduti i termini di affitto. Ma è da ben il 2015 che, in applicazione della legge (Delibera 140/2015), chiediamo al Dipartimento Patrimonio di Roma Capitale l’indizione di un bando pubblico per la riassegnazione del bene e abbiamo continuato a farlo con TRE APPELLI (2016, 2018, 2019) indirizzati alla Sindaca Virginia Raggi e agli uffici competenti e da 3 anni la Raggi non risponde. Abbiamo chiesto una estensione temporanea della nostra concessione fino all’indizione di un nuovo bando e la nomina del vincitore, come è giusto che succeda per l’affidamento di un bene pubblico”. Ma in tre anni non è successo nulla. Giustamente, i titolari ricordano come ci siano decine di immobili pubblici occupati da decenni (vedi alla voce Casa Pound) che non vengono sgomberati. E che non pagano alcun canone di locazione. Vivi Bistrot paga 3.550 euro al mese. Ricorda di aver “ristrutturato completamente a proprie spese l’edificio dato in concessione – preso in stato di assoluta rovina, come i cittadini ricorderanno – manutenendolo e sviluppandolo con investimenti che ad oggi superano – come da documentazione disponibile – i 300.000 euro”.
La notifica è arrivata il 4 dicembre, con 30 giorni di tempo per lo sgombero. Ed è in effetti incredibile che un’esperienza virtuosa, che ha strappato al degrado un edificio immerso nel parco, sia costretta a chiudere per l’inefficienza dell’amministrazione romana. E’ l’ultimo esempio di una dolorosa e colpevole inerzia che sta uccidendo le poche forze vitali della città. L’ex fienile diventerà, spiegano i titolari, un altro esempio di degrado, insieme agli altri: le Serre Ottocentesche, le Serre Piccole, il Casale di Giovio, il Casale dei Cedrati, la Casetta ai Monti, la Cascina Floridi, l’ex-Segheria, il Casale Rosso, i bagni ingresso Nocetta, i bagni ingresso Aurelia e i bagni presso Villa Vecchia.
Inutile dire che ci schieriamo al fianco di chi vuole ripristinare la legalità con i bandi e le concessioni ma vuole anche premiare le forze vive della città, chi con il lavoro e l’impegno ha creato qualcosa di bello, a disposizione di tutti.