
Nutella e nocciole: sono davvero turche come dice Salvini? Matteo Salvini, presidente del Consiglio in pectore se questa traballante maggioranza decidesse di precipitare, continua la sua crociata, un po’ ridicola, improntata al sovranismo alimentare. Riportano le cronache di una sua chiacchierata a margine di un comizio. Lui, si sa, parla volentieri di quello che mangia, e quello che mangia di solito fa piuttosto schifo. Nel senso che esibisce una vicinanza al “popolo”, mangiando roba non radicalchic, come se il popolo mangiasse tutti i giorni wurstel con la salsa Philadelphia. Comunque sia, Salvini a Ravanne prima rassicura una donna: “No signora, non ho freddo…sto bene. Poi mangio pane e salame e due sardine e sto ancora meglio…”. Poi quando gli ricordano di mangiare la Nutella risponde serio: «La Nutella? Ma lo sa signora che ho cambiato? Perché ho scoperto che per la Nutella usa nocciole turche, e io preferisco aiutare le aziende che usano prodotti italiani, preferisco mangiare italiano, aiutare gli agricoltori italiani».
Ma dai? Davvero la Ferrero usa nocciole turche? Ebbene sì, verissimo. Tutto confermato e certificato da diverso tempo. Ne parlò la Bbc, ma anche l’azienda confermò. Ma che c’è di male esattamente? Che non si usano le nocciole piemontesi? Ma si usano abbondantemente, il problema che non basta per produrre quella quantità smisurata di Nutella che si vende nel mondo. Ma poi succede regolarmente nel mondo del food. Il sovranismo alimentare è una bufala, il provincialismo è un retaggio del peggior passato. La globalizzazione non è un termine cattivo, è una realtà. Tutto si mischia, e per fortuna. Le identità dei popoli non passano dall’origine dei prodotti e neanche dei piatti.
La carbonara non è romana ma l’hanno probabilmente portata gli americani, la cotoletta alla milanese è imparentata con l’austriaca wiener schnitzler, il piatto più buono di Napoli si chiama La Genovese, perché è stata creata da cuochi liguri. La luganega è il vanto della Brianza e delle valli bergamasche, ma nel nome c’è la Lucania. Le porchette romane sono fatte con maiali spagnoli, l’italianissima pasta Barilla con grano francese, americano e australiano. E come scrisse Dario Bressanini in Carrello e Bugie “L’Italia dipende dall’estero per il 40 per cento del grano duro, per il 70 per cento del grano tenero, per il 25 per cento del mais, per il 90 per cento della soia e per il 50 per cento delle carni”. Che vogliamo fare? Smettere di mangiare Nutella?