Vino in lattina, voi lo berreste? La nuova Apocalisse di Francis Ford Coppola è il vino in lattina. Non abbiamo ancora finito di digerire il vino in cartone, non abbiamo ancora accettato i tappi a vite, che ci arriva sul gargarozzo una nuova tegola: Coppola, come ci racconta il Corriere, punta tutto o quasi sul suo vino in lattina, che ha presentato al ProWein, suscitando grande soddisfazione.
Ma che vino finisce nei contenitori d’alluminio finora buoni solo per bevande zuccherate d’ogni tipo e al limite per la birra? Lui ci mette anche il Pinot nero, per dare un ulteriore schiaffo allo snobismo intellettuale degli amanti del vitigno francese.
Il sommelier della Coppola Winery spiega: “Siamo stati i primi a usare questo formato”. Sarà, ma in Italia ci sono già altri esperimenti simili. Giacobazzi, per esempio. Il produttore di Lambrusco già nel 1978 presentò domanda per confezionare il vino in contenitori alternativi. Nel 1982 venne accolta. E da allora si può. Solo che all’inizio il decreto prevedeva che si potesse mettere in lattina solo il vino fermo. A quel punto una serie di produttori cominciarono a metterlo in lattina: tra gli altri Cavicchioli, Medici e Folonari. L’anno successivo arrivò l’8 e mezzo di Giacobazzi, non un Lambrusco, ma un vino frizzante. Perché allora non si poteva mettere sull’etichetta della lattina la denominazione. Il vino finì perfino in tv, da Mike Bongiorno, a Flash.
Poi, però, ostacoli burocratici rallentarono la diffusione, come racconta Giacobazzi: “Il permesso per confezionare il vino in lattina era provvisorio e rilasciato di anno in anno e durava solamente pochi mesi. Un gran peccato poiché l’idea della lattina, forse troppo pionieristica a qui tempi, venne invece cavalcata con successo dagli operatori stranieri, australiani e americani in particolare che oggi vengono elogiati come pionieri ed innovatori”.
Oggi, però, ci sono altri produttori italiani che già vendono vino in lattina: tra gli altri ci sono Donelli, che vende un Lambrusco, e Ciao Bologna. A questo punto, considerando che le lattine sono biodegradabili, facilmente trasportabili, poco costose, facilmente consumabili all’aperto, non è escluso che, come avviene in altre parti del mondo, il fenomeno esploda.