Vita da chef con la giovane Desiré: se volete lavorare nelle cucine stellate ecco cosa vi aspetta

Vita da chef con la giovane Desiré: se volete lavorare nelle cucine stellate ecco cosa vi aspetta.

Forse vi sarà capitato di leggere qualche articolo di Desiré Alfredo su Puntarella Rossa. Da qualche tempo, la nostra giovane collaboratrice (ha 27 anni) ha cambiato rotta, ma non troppo, decidendo di investire tutto nella sua passione: la cucina. E così ha mollato tutto, i libri e i lavori estemporanei e ha cominciato a lavorare nei ristoranti. Prima in sala, da Marzapane, poi in cucina. Non si è fatta spaventare dalle difficoltà, e senza pensarci troppo, è partita per Copenhagen. Qui ha lavorato per i ristoranti di Christian Puglisi Relæ Community  e ha fatto uno stage al Geranium (tre stelle Michelin) e al Kokkeriet (Stella Michelin). Ora, dopo aver frequentato una scuola di cucina a Roma, sta completando la formazione con uno stage di sei mesi nelle cucine di Villa Crespi, il 2 stelle Michelin di Antonino Cannavacciuolo. Le abbiamo chiesto di raccontarci cosa vuol dire essere una ragazza giovane in cucine così importanti e come vive quest’avventura. Il risultato sono queste riflessioni, belle perché sincere, senza la retorica che si usa spesso in questi casi. Utili per chi voglia intraprendere questo mestiere: difficile, faticoso ed entusiasmante.

Desirée Alfredo Villa Crespi

Varchi la soglia della porta e hai una vaga idea di cosa ti aspetta, nuovi volti, nomi, abitudini, nuova divisa e diverso modo di approcciarsi al lavoro.

Sfoggi il tuo sorriso migliore e ti presenti alla brigata sperando che non stiano ricambiando solo perché sei dell’altro sesso. In cucina vedi persone correre a destra e a manca con volti preoccupati, facce smunte, occhi contornati da occhiaie, corpi magri. Senti urlare qualcuno, sbattere utensili e capisci che sta succedendo qualcosa con i lavapiatti, l’ennesima discussione in corso per non aver pulito subito qualche strumento. Il capo partita sembra avere tutto sotto controllo e il demi chef è stressato, suda, arranca, non ride mai, entra in cella per prendere dei prodotti richiesti, e si precipita subito di fianco al suo compagno. Attacca due ore prima per assicurarsi di finire in tempo la preparazione della linea, ma già sa che qualcosa non andrà per il verso giusto. I commis sono più stressati degli altri, devono gestire anche le cazzate che fanno gli stagisti e prendersi la responsabilità di tanti compiti.

Cominci a occuparti delle pulizie, a fare ordine, cerchi di essere servizievole e gentile con tutti. Puntualità, versatilità e velocità sono qualità più che apprezzate e ti impegni a rispecchiarle, anche se delle volte la pazienza ti mette a dura prova. Arrivi a dire di si a tutto, fai cose che non avresti mai pensato; arrampicarsi su degli scaffali pur di non accettare aiuto da nessuno, volendo far vedere a tutti la tua forza e capacità di farcela. Senti di dover sdoganare il pensiero comune che la donna in cucina non possa starci. Prendi la scossa per utilizzare a tutti i costi un frullatore a immersione ma fingi che non sia successo niente e vai avanti, il segreto è pensare che non faccia male e continuare a lavorare. La schiena si spezza giorno dopo giorno, facendo le scale avanti e indietro almeno cento volte al dì per portare di sopra vassoi pieni zeppi di piatti da servire ai clienti. Pensi che li salveresti a costo della tua vita se dovessero solo accennare un principio di caduta. Vuoi essere amica di tutti, ma sai che non lo sarai di nessuno, in cucina spesso è così, bisogna guardarsi sempre le spalle. Non basta avere la tensione del servizio addosso, e sentire la stanchezza dovuta allo sforzo che fai per avere la linea pronta, devi essere anche prevenuto nei confronti degli altri perché non sai mai chi ti si presenterà di fronte.

Gli uomini insistono a non volerti far toccare la spazzatura, ti aiutano a prendere gli scatoloni pesanti e non vogliono che tu faccia sforzi. Già dal terzo giorno comincio a giocare d’anticipo e prima che uno di loro possa provare a dire “ferma ti aiuto io” io sono già pronta per fare quella cosa che loro riuscirebbero con il minimo sforzo. Prendo la spugna con acqua saponata, comincio a lavare via la sporcizia e a cancellare la giornata appena passata per fare posto alle seguenti. Il giorno dopo le gambe sono bloccate, già senti di aver perso peso, così provi a ricordare cosa hai mangiato il giorno prima “ah si!” Solo un po’ di riso in bianco e della frutta avanzata. Non senti poi così tanta fame perché sei impegnato a pensare ad altro, ma appena il corpo si ferma qualche minuto, questa ti assale insieme alla stanchezza ed è lì il dramma, gestire tutte queste sensazioni, riuscire a sopperirle.

Rientri dalla pausa e poco dopo viene augurato un buon servizio dal microfono e le comande cominciano a partire. Il primo lo passi nel panico, emozionato, agitato, impacciato, non sai come essere utile e poi dopo qualche giorno ti ritrovi con una pinzetta in mano pronto a impiattare e a riprodurre fedelmente ciò che ti è stato mostrato. Sei grato per quello che stai vivendo ma spesso ti senti in colpa per il tempo che passi in cucina, per le feste perdute, per la famiglia lontana, per le amicizie trascurate, per gli amori lasciati andare via. La tua passione è importante ti ripeti nella mente, devo perseverare perché arriverà quel giorno in cui raccoglierò i frutti. Ma se alla fine dei conti quel momento non arriverà mai? Cosa farò? Vivrò per sempre una vita da miserabile, odorando di cibo perché la cappa dell’ultimo posto in cui mi hanno assunto non funziona bene? Finirò per indossare solo abiti da cuoco e a spendere più per coltelli che per scarpe con il tacco? Sarò compresa da poche persone che mi diranno che sono pazza a vivere così, mi frulleranno in testa solo idee per dei nuovi abbinamenti che voglio provare, la mia casa sarà piena di libri di gastronomia e forse faticherò nel sentirmi a mio agio ogni volta che andrò a cena fuori. Però avrò viaggiato, vissuto in posti nuovi, conosciuto molte persone, parlato in altre lingue, guardato diversi angoli del mondo, arricchito la mia cultura culinaria, cambiato case e scritto milioni di avventure come questa.

Chi decide di lavorare in cucina è consapevole delle proprie scelte, ma nonostante questo continuerà a lamentarsi, a dire che si lavora troppo, sapendo sotto sotto che se solo provasse a starne lontano sentirebbe un vuoto incolmabile, un noia assoluta. Chi decide di cucinare per gli altri è segnato a vita, non smetterà mai di farlo.