
Pokeia Milano, intervista a Marco De Crescenzio, del “Milanese Imbruttito”. Da un fenomeno del web al cibo più di tendenza a Milano: Marco De Crescenzio (pugliese d’origine, milanese d’adozione), è uno dei fondatori del progetto Milanese Imbruttito (nato nel 2013 come pagina facebook e diventato presto un fenomeno del web), e da giugno è anche uno dei soci fondatori della pokeria Pokeia, sui Navigli. Il pokè, originario delle Hawaii ma frutto di molte contaminazioni (Polinesia, Giappone, Cina, Korea) è un piatto a base di riso- bianco, integrale o nero- e pesce crudo marinato al momento a cui si aggiungono frutta tropicale, verdura, alghe, salse e semi vari.
Tu e i tuoi soci – Tommaso Pozza e Federico Marisio – del M.I. siete milanesi?
“Assolutamente no, nessuno dei tre fondatori è di Milano; d’altronde, è giusto così no? Solo con un occhio esterno puoi realmente carpire le abitudini di una città”.
Come è nato l’interesse per le abitudini di un certo stereotipo della milanesità? Da “dentro” oppure da “fuori”?
“Lavoravamo tutti e 3 in uno studio di produzione e post-produzione audio a Milano, in cui abbiamo visto diversi “IMBRUTTITI” passare nei corridoi dell’ufficio. Il pomeriggio del 7 Marzo 2013, complice un “leggero” hangover, abbiamo creato la pagina Facebook partendo da ciò che avevamo vissuto e ascoltato fino a quel momento, pubblicando un post emblema dell’Imbruttimento: “Il Milanese Imbruttito non ha amici ma contatti!”. Ho creato logo, immagine coordinata e pagina Facebook in meno di 30 minuti (questo per sottolineare che non sempre servono ore e ore di studi e approfondimenti, basta solo essere spontanei) e da lì, nel giro di 30 giorni abbiamo raggiunto i 100.000 like. Da un semplice gioco, abbiamo iniziato a capire che potevamo costruire una vera e propria azienda, che ad oggi dopo 5 anni, fattura e ci permette di continuare a far divertire Milano e il resto d’Italia.”
Pensi che questi stereotipi siano tutti reali?
“Penso che Milano sia Imbruttita sin da tempi non sospetti. Noi abbiamo semplicemente messo nero su bianco (anzi bianco su nero, per essere precisi) ciò che normalmente le persone fanno ogni giorno. Il lato comico e auto-ironico di questa città sono stati gli elementi che hanno permesso il successo di questo progetto”.
Cosa c’è, secondo te, a Milano che non si trova altrove in Italia?
“Di sicuro la voglia di innovare e sperimentare nuovi orizzonti. C’è una forza e una grinta in questa città che credo non esista in nessun altro posto. Milano poi è come una giungla, se sei debole, vieni schiacciato da qualcuno… Questa caratteristica dà tanto ad ognuno di noi, ci rende oggettivamente più forti, secondo me”.
Qual è la parola “milanese” che preferisci?
“Più che una parola ti direi che l’espressione che più mi diverte e che è diventato il nostro motto: La regola della doppia F: Figa e Fatturato“.
Qual è la “tua” zona di Milano? Il primo posto in cui porteresti l’amico che arriva da lontano.
“Sono sui Navigli da sempre, è il mio quartiere e non lo cambierei. Come dire, a Sud anche a Milano! Un mio amico che viene da lontano lo porterei a fare un giro a NoLo (North of Loreto n.d.r.) e in Lambrate, quartieri molto freschi e moderni”.
A giugno, con due soci, hai aperto la pokeria Pokeia: un’altra tendenza milanese, molto recente, ha intercettato il tuo interesse. Quanto conta lo studio del mercato in questi casi di successo e nel tuo recente debutto nel mondo della ristorazione?
“Pokeia nasce circa un anno fa da un’intuizione di Stefania Giotta, mia compagna nella vita e negli affari, che, innamorata del food trend americano del momento, decide di coinvolgermi in questo progetto. Abbiamo coinvolto Flavio Angiolillo, carissimo amico e proprietario di alcuni tra i locali più seguiti e fighi della città (Mag Cafè, 1930 Secret Cocktail Bar, Backdoor43, Iter). Dopo circa un anno di ricerca di location, team, studio della brand identity e immagine coordinata ha preso vita Pokeia, in Via Magolfa 25/27. Il mio ruolo all’interno del progetto “Pokeia” è proprio quello di permettere ad una realtà del mondo food, settore convenzionalmente lontano dalle dinamiche digitali, di insediarsi e generare profitti partendo anche da un’accurata e precisa strategia di comunicazione social e web. Confido molto in questi strumenti: i giusti elementi pop, affiancati ad una ricercatezza e qualità del prodotto servito, sono a mio avviso elementi chiave per il successo di un format food oggi (non soltanto a Milano).”
Cos’ha il vostro pokè che gli altri non hanno? Perché dovrei scegliere Pokeia?
“Abbiamo lavorato tanto con il nostro chef, Vincenzo Mignuolo, già capo chef di Iter, alla ricerca di combinazioni di sapori non convenzionali per le nostre signature pokè bowls. La nostra selezione di ingredienti ha elementi originali e poco diffusi rispetto ad altri pokè shop della città, e questo perché crediamo che il format non sia soltanto un trend passeggero ma abbia una serie di elementi che lo potrebbero rendere il nuovo “sushi” e volevamo imporci per primi in questa direzione”.
“Quando il fatturato si fa duro, i duri cominciano a fatturare“: ho contato una decina di pokerie a Milano – molti locali poi propongono il concetto di bowl. Essere di moda è utile oppure rischioso, vista la folta concorrenza?
“La concorrenza non è mai un problema se vista nella giusta prospettiva; non abbiamo aperto per primi e abbiamo perso campo di gioco, ma siamo motivati e carichi a tal punto da rimacinare terreno in poco tempo.”
