Vini naturali, Falcione (Van): “Vi spiego perché non sono una moda. E perché sulla solforosa si è esagerato”

Vini naturali, Falcione (Van). Sabato 17 e domenica 18 marzo alla Città dell’Altra Economia, a Roma, torna Van, la nuova edizione della fiera Vignaioli Artigiani Naturali. E visto che è stagione di fiere di vini naturali – sono in arrivo Vinnatur (Villa Favorita, 14-16 aprile 2018), Vini Veri (Cerea, 13,14 e 15 marzo 2018) e Vivit (dentro Vinitaly, 15-18 aprile 2018) – abbiamo pensato di fare due chiacchiere con Emilio Falcione. Produttore della Busattina, azienda agricola maremmana e presidente di Van. Chiacchierata utile per fare il punto sul mondo del vino naturale e, grazie alla sincerità e alla chiarezza di Falcione, anche per sfatare qualche mito e denunciare una certa confusione tra associazioni, fiere e regole comuni che non si trovano.
* In alcune parti dell’intervista, ci sono tecnicismi che sarebbe troppo lungo spiegare, ma per chi vuole approfondire ci sono link che vi dicono tutto.

Vino naturale, criteri e tecniche

Falcione, proviamo a fare chiarezza. Visto che non c’è una definizione giuridica, ma ogni associazione ha la sua, cos’è il “vino naturale” per voi?
“Chi pratica agricoltura biologica o biodinamica, possibilmente certificata. Anche se noi accettiamo anche l’autocertificazione. I vini devono essere da fermentazione spontanea, senza inoculo di lievito esterno, senza altri additivi, se non piccole quantità di solforosa”.
Quanta?
“Noi accettiamo un massimo di 40 milligrammi al litro, che è un terzo di quello usato dalle cantine anche con certificazione biologica”.
Altro?
“Nessuna refrigerazione vicino allo zero. No all’osmosi inversa, alla filtrazione sterile, alle chiarifiche, alla correzione dell’acidità. L’uva deve essere fermentata con lieviti indigeni, decantata e quindi chiarificata spontaneamente, con pochi solfiti”.

L’Italia, la Francia e l’Europa

Arriveremo mai a una normativa che definisca i vini naturali? Ed è davvero auspicabile?
“La prima difficoltà è quella di disciplinare qualcosa che è difficilmente dimostrabile”.
Perché?
“La solforosa con le analisi la trovi. Ma, per esempio, l’uso di lieviti selezionati è difficile da dimostrare. E poi è difficile mettere d’accordo Paesi diversi. Perfino francesi e italiani”
Cosa divide Francia e Italia?
“Il francese trova inaccettabile anche 40 milligrammi di solforosa. E trova normale usare chiarifiche o aggiungere zucchero. Perché da loro ci sono condizioni ambientali diverse. I vini francesi sono naturalmente più acidi e quindi possono usare poca solforosa”.
Loro usano zucchero a pioggia.
“Sì. Da noi è vietato. Ma del resto noi abbiamo condizioni climatiche che consentono di fare vini ricchi di zucchero. Loro ne hanno bisogno per aumentare il tasso alcolico”.
Somma ipocrisia, con aggiunta di disinformazione. Vietiamo di aggiungere lo zucchero nei nostri vini e poi esaltiamo i francesi che lo usano regolarmente.
“Fin quando non c’è una normativa europea comune, sarà così”.
E dunque?
“E dunque nel 2021 è prevista la revisione della normativa europea su agricoltura e vino biologico ed è possibile che venga inserita qualche misura a favore del vino naturale. Sarebbe un inizio”.

L’etichetta trasparente, i solfiti e non solo

A che punto siamo con l’etichetta trasparente? Cosa si può scrivere o no? Si è capito?
“Il ministero ha chiarito più volte che la quantità di solforosa totale si può riportare. Non si possono riportare, invece, le diciture in negativo. Non si può scrivere, per esempio, vino non filtrato”.
Perché?
“Perché lascerebbe intendere che i vini filtrati sono di qualità inferiore. L’unica eccezione è scrivere non contiene solfiti se sei sotto i 10 milligrammi al litro”.
Ma devi essere certificato biologico per scriverlo?
“Questo non è chiaro. Però il ministero, un anno fa, su richiesta specifica del gruppo Vini veri ha autorizzato una dicitura interessante. Si può scrivere  “senza aggiunta di altre sostanze ammesse per uso enologico”. Un grosso passo avanti,  visto che è una dicitura utilizzabile solo da chi fa vino naturale.
Ma chi ci assicura che i vini naturali lo siano davvero? I furbetti sono sempre dietro l’angolo.
“Più o meno tutte le aziende fanno un’autocertificazione, Noi del Van facciamo regolarmente analisi dei nostri associati e di chi partecipa alle nostre fiere”.

Fiere e associazioni, la confusione è massima

Si dice che quella dei vini naturali sia una bolla, una moda destinata a passare.
“No, è una realtà che si va consolidando. E’ ancora una nicchia, ma nel mondo del vino è l’unica che tira davvero. Il mercato cresce e per la prima volta c’è una forte richiesta dal basso. Spesso ci sono ristoratori che ci dicono che non sanno nulla di vini naturali, magari neanche gli piacciono, ma li vogliono perché i clienti glieli chiedono. Più che una bolla, il rischio è il caos”.
Cioè?
 “Se non si chiariscono una volta per tutti i criteri di autocontrollo, c’è il rischio di andare verso una confusione totale. Attualmente per diventare vignaiolo naturale devi partecipare alle fiere. Per assurdo sono le fiere a dare il bollino di naturalità. Dovrebbe essere il contrario”.
Per non parlare delle associazioni di vini naturali. Quante siete?
“Direi cinque. Vinnatur, Vini veri, Vi.te (vivit) Renaissance (biodinamici). E Van”.
Mettervi d’accordo?
“Eh, ci abbiamo provato. Ma non è facile”.
Anche le fiere proliferano. Villa Favorita, Cerea, Vignaioli naturali, Live Wine. Tutte vere?
“C’è spazio per tutti. Ma in alcuni casi, per esempio Live Wine, si punta sul vino artigianale, aprendo le porte a vini non naturali”.

Solforosa, integralismo e macerazioni estreme

Non c’è dell’eccesso di integralismo da parte vostra?
“Talvolta sì. Per esempio sulla solforosa. Se bevi un vino di 14,5 gradi e ha 20-30 milligrammi di solforosa, è più nocivo l’alcol dei solfiti”.
Per non parlare delle buste di insalata e delle scatolette, zeppe di solforosa.
“Sono integralismi importati dalla Francia. Per esempio, c’è la moda dei vini estremi senza solforosa. Vini giovanissimi, che spesso non hanno completato la maturazione, molto tannici, molto acidi. Vini che  somigliano più a una bevanda acida che a un vino. E’ una moda nella moda che spero si esaurisca”.
Questo riguarda tutti i vini senza solforosa aggiunta?
“No, ci sono alcuni che sono molto stabili, come i vini siciliani. Ma quelli del Nord o al Centro, spesso sono fatti con una macerazione estrema, che spesso serve solo a coprire la povertà dell’uva. La correggi con macerazioni estreme, poi per coerenza non metti solfiti, ma fai una bevanda imbevibile. Questo naturalmente è un mio pensiero personale. Ma credo che sia un problema: molti giovani hanno cominciato bevendo questi vini e si sono convinti che il vino naturale sia quello estremo. Per fortuna non è così. Ci sono tantissimi vini naturali di ottima qualità, che hanno anche la possibilità di invecchiare. Io mi sono sentito criticare a volte perché i miei vini erano troppo puliti. Siamo arrivati a questo eccesso. Se è così, c’è qualcosa che non va, è un corto circuito che va interrotto”.

Van Vignaioli artigiani Testaccio Roma pubblico

Van a Testaccio, le novità

Finiamo con Van. Come sarà la nuova edizione?
“Siamo diventati più grandi: ci sono 50 produttori di vino e 3-4 di gastronomia”.
Una novità?
“Tra le chicche, segnalo Cotar, produttore della Slovenia molto conosciuto nel mondo dei vini naturali”.
Chi sono i produttori di Van?
“Scegliamo realtà molto piccole e molto giovani, spesso sconosciuti. Con questa fiera gli diamo la possibilità di emergere”.
Tre realtà da scoprire?
Ve ne segnalo tre del Lazio, tutte giovanissime, di trentenni. Cantine Ribelà, dei Castelli Romani; i ragazzi del Vinco, da Montefiascone; e Marco Colicchio”.

Van Vignaioli Artigiani Naturali, Città dell’Altra Economia, Largo Dino Frisullo, Roma
Ingresso 10 euro + bicchiere 2 euro

e-mail: info@vignaioliartigianinaturali.it

L’evento è organizzato da Van – Vignaioli Artigiani Naturali e Città dell’Altra Economia, con la partecipazione di Coop. Oltre Onlus.