Chef allo spiedo – Intervista a Stefano Callegari, il re del trapizzino. E’ forse l’uomo che, a Roma, ne sa più di tutti di impasti e farciture. Chef Rubio lo critica su Facebook per i suoi supplì di patate e pomodori col riso e lui non risponde (o meglio non legge). S’è inventato il Trapizzino, poi è arrivato il discusso supplì e, in futuro, non è escluso che porti a Roma la pizza con l’ananas. Stefano Callegari, quasi 50 anni, prima di diventare chef e gran pizzaiolo, per anni ha lavorato nella vecchia e gloriosa Alitalia. Pigro nel leggere i fumetti da ragazzino, da sempre appassionato di treni. A Roma ha aperto tanti locali di successo, da Tonda a Sbanco. Poi ha portato la sua tasca di pizza farcita oltreoceano, iniziando da New York. E in futuro? Forse un ristorante vero e proprio.
Chef allo spiedo / Intervista a Stefano Callegari
Eccoci qua, Stefano Callegari.
“Pronto. Lei fa le domande, io do le risposte”.
E’ un’intervista. Quanto pesa?
“Sa che non lo so?”
E’ timido.
“Lo giuro, non lo so”.
Negli ultimi tempi, su Facebook e dintorni, è tutto un parlare di supplì: supplì di spaghetti, supplì rivestiti di patate. Grazie a Chef Rubio…
“Si ho saputo, ma che ha scritto? Non me lo ricordo”.
Ma davvero non lo sa?
“Tanti mi fanno i complimenti per non aver risposto. Per l’eleganza, l’aplomb, la superiorità. Ma la cruda realtà è che non leggo”.
Perché?
“Tutto ciò che è burocratico mi offende, ciò che mi toglie il sorriso mi stressa. Da ragazzino quando leggevo Topolino le vignette più lunghe le saltavo. Queste cose mi annoiano”.
Per questo non ha replicato?
“Le cose mi arrivano un po’ dopo. Facebook lo uso come archivio. E’ effimero, tutto dura solo un giorno, pure le polemiche. Per quando c’arrivo io è già tutto finito. Non ha più senso”.
Però Rubio è uno con un bel po’ di followers. Forse ignorarlo non basta.
“Sì, ma alla fine che ha detto?”
Lesa tradizione, i suoi supplì e quelli di Gabriele Bonci non vanno bene. Troppo anarchici. Ha criticato anche Santo Palato.
“Pure”.
Chef Rubio vi perseguita a voi “traditori” dei supplì tradizionali.
“Il mio è sempre un pomodoro col riso oh, mica faccio la trippa con la Nutella“.
E il Trapizzino…
“Quando ho aperto nove anni fa, a Testaccio venivano i vecchietti e dicevano ‘ma fate ste cose strane’. Gli rispondevo dicendo che dentro al Trapizzino c’è la trippa, la coda alla vaccinara, le polpette col sugo, cose con cui sono cresciuti. Do la pizza bianca con la trippa, cosa c’è di più classico? Che dica quello che gli pare”.
Insomma, l’importante è che se ne parli.
“Stiamo parlando di ‘magnà e beve’, non di banche e finanza“.
Perché la sua pizza ha il cornicione bruciato?
“Non tutto, non sempre”.
Qualcuno lo sostiene.
“La pizza è un prodotto vivo e a me piace ben cotta. Se io te la do al 100% non bruciata sicuramente una parte importante è cruda. Preferisco fare un piccolo errore per offrire un prodotto più buono e digeribile”.
La pizza con l’ananas la mangerebbe?
“Sa che è tanto tempo che ci penso? La vorrei fare…”.
Scherza?
“Devo trovare un modo simpatico per farla”.
Fa di tutto per fare arrabbiare Rubio…
“Non l’ho neppure mai incontrato”.
Che voto si dà come chef e pizzaiolo?
“Dieci”.
Modestia a parte?
“Nove, come Giorgio Chinaglia”.
Era uno steward di linea.
“Sì fino a 12 anni fa”.
Com’era lavorare in Alitalia prima del suo disfacimento?
“Era una figata. Ho lasciato dopo che lavoro è cambiato. Avevamo dei tempi fantastici, c’erano momenti di grande lavoro e altri di lungo riposo, sia a Roma che fuori. Era bello. Però la mia vera passione sono i treni. E ho fatto anche il marinaio”.
E’ pronto a cambiare di nuovo?
“Se lo chef Rubio mi caccia…”
Oltre alla pizza all’ananas, cosa s’inventerà per il futuro?
“Tra un annetto faccio cinquant’anni, magari mi apro un ristorante“.