La Salsamenteria a Roma. Per gli amanti del buon bere romano la Salsamenteria è da anni un approdo sicuro. Per gli intenditori della bolla francese o della Borgogna d’annata, Roberto Mangione è un mix tra padrone di casa accogliente e oste burlone. Per gli amanti di salumi e formaggi ricercati, Leo – il suo braccio destro – è il compagno di chiacchiere e risate dopo una dura giornata in ufficio. Per i residenti del quartiere Parioli è il pizzicarolo di fiducia: due rosette, un litro di latte, un etto e mezzo di prosciutto. Per gli operai in zona è la pausa pranzo: pizza con la mortadella e birretta fresca. La Salsamenteria è una raffinata enoteca a tutti gli effetti, ma resta una bottega. E Roberto ne sa. Di vino, di produttori, di storie, ma non si atteggia. Leo e Roberto aprono il locale alle 7, ma aspettano i clienti della cena e si trattengono con loro fino a tardi. I pochi coperti sono allestiti tra le bottiglie, i detersivi e gli scatoloni ancora da svuotare. Che problema c’è? Il benvenuto si nega solo a chi si prende troppo sul serio, ai maleducati, agli astemi. Ma Roberto come è riuscito a creare questo piacevole microcosmo nel quartiere Parioli? Ce lo siamo fatti raccontare, davanti a una bottiglia di Selosse, ovviamente.
Tuttto comincia il 3 settembre 1989, quando un giovane e propositivo Roberto inizia a dare una mano ai suoi a mandare avanti la bottega di famiglia, alla Bufalotta. L’idillio dura poco più di sette anni. Poi, come Brangelina, arriva il divorzio per differenze-inconciliabili. La caparbietà e la voglia di fare non mancano, sono le finanze che scarseggiano. Bastano 150 euro in tasca come primissimo inizio di una strada propria? Un millennial qualsiasi risponderebbe picche, ma – per fortuna – i tempi erano altri. Duri, ma più dignitosi. Pochi mesi a gestire il banco della panetteria di un supermercato nel quartiere Parioli bastano a far raddoppiare il fatturato del pane. Il proprietario lo manda a chiamare subito. “A Robè, ma come fai?” chiede attonito. Chiamasi eufemisticamente spirito-di-intraprendenza, dai più conosciuto come voglia-di-lavorare. “Se i venti cornetti che hai ordinato finiscono alle 9.30, forse è il caso di prendene un po’ di più? – racconta sarcastico il Mangione – di pizza calda ne vendevo 40 kg al giorno“. Il fancazzismo del dipendente medio che, forte della paga mensile, non fa più del dovuto. Ma, anche qui, l’idillio si conclude con un passaggio di consegne della proprietà: con il figlio del vecchio padrone ci sono differenze (inconciliabili?) e spostano il più bravo dei commessi (ma chi sarà mai?) nel nuovo punto vendita della catena a Fontanella Borghese. Nonostante i ritmi serrati di lavoro, Roberto riesce a conoscere una donna, che poi diventerà sua moglie, e deve rivalutare le sue esigenze. Meno ore di lavoro? Un aumento di stipendio?
Con il classico passaparola viene a sapere, nel frattempo, che un vecchio pizzicagnolo dei Parioli, sta per cedere la sua attività. Rodolfo, classe 1924, vedovo, con licenza datata 8 novembre 1955. La Salsamenteria, questo il nome della bottega, non è che un piccolo spazio, ma con una clientela molto affezionata. Le trattative tra Roberto e Rodolfo durano qualche mese, finché nel 2001 nasce la nuova Salsamenteria. Preciso: l’8 novembre 2001. Un segno del destino. La Salsamenteria di Roberto Mangione non è ancora quella che conosciamo oggi. Occorreranno infatti diversi anni di cambiamenti, sia di riflessioni pacate (poche), sia di idee folli (tante). “La fine dei tempi d’oro e un costante serpeggiare di aria di crisi non ha risparmiato nemmeno i quartieri alti. Anzi ha maturato nel cliente nuove esigenze. Partendo da un’idea di prezzi corretti, fornitori scelti e bottega di quartiere, mi sono fatto conoscere dai residenti – racconta Roberto. Ecco la pacata riflessione. “Poi nel 2006 la follia – continua – decido che è il momento di cambiare: faccio i lavori perché voglio un ambiente unico. E decido di tirar fuori alcune delle bottiglie che tenevo conservate nel retrobottega. Ai tempi ero praticamente astemio, non ci capivo nulla di vino”. Alla riapertura tutto cambia: c’è un’enoteca vera e propria, in particolare ci sono quaranta etichette di champagne (oggi ne conta circa 200, ndr). Quello che non cambia è lo stile della gestione. Resta sempre la bottega con l’aria di casa, comprando un filone di pane o sorseggiando un calice di Egly-Ouriet. L’anno 2010 segna un’altra novità: i tavoli. “Erano pensati per gli operai che in pausa pranzo venivano a farsi una rosetta ripiena – spiega Roberto – non capivo il perché dovessero mangiare in piedi, visto che dovevano essere piuttosto stanchi”.
Oggi i tavoli, montati al momento causa spazi limitati, sono adibiti al pranzo e alla cena. Nel 2012 la rottura con alcuni schemi del passato, la via del non ritorno di una follia sempre più lucida. “La Salsamenteria avrà sempre la sua identità di negozio di quartiere, il bancone del pane accanto agli assorbenti e alle scope di saggina. Ma voglio puntare a un livello di qualità molto alto. E declinare tutto il resto”. Che tradotto in romano sarebbe: chi vo vadi, chi non vo manni (“Chi vuol venire, venga. Chi non vuol venire, se ne vada”). Complici alcune vicende personali, e in particolar modo l’incontro con la nuova compagna Barbara Toschi, Roberto prende una nuova consapevolezza del suo negozio, che rappresenta l’estensione di sé. Ed ecco la chiave, una riflessione pacata e folle al tempo stesso. “Si è evoluto qualcosa nella vita delle persone. Sanno apprezzare davvero il bere e mangiare bene, e più semplicemente vogliono stare bene, senza necessariamente dover cucinare in casa o uscire e spendere un occhio della testa. L’approccio al cliente ha seguito il nuovo corso. Piuttosto che prendere una bresaola anonima a 20 euro al chilo, preferisco quella a 25 euro di cui conosco ogni passaggio della filiera e che ha una storia da raccontare”. Roberto va avanti a istinto e un giorno, a una degustazione, conosce Alessandro Scorsone (il sommelier di Palazzo Chigi, ndr).
Con i consigli di Alessandro, mette un altro tassello all’evoluzione della Salsamenteria e si innamora dei vini della Borgogna. A supporto per la gestione della bottega, c’è Leo, il suo alterego in versione asiatica, ormai raffinato gourmand e appassionato di champagne. Mica solo clienti esigenti, Leo incontra ogni giorno anche vecchine all’oscuro di ogni trend culinario. “Vorrei un Chianti Classico – fa una signora a Leo – sì signora, lo trova in quello scaffale”. La signora, dopo un’occhiata rapida, torna da Leo con una bottiglia in mano, tuonando: “Guardi che questo vino è scaduto!”. Leo al bancone, dopo aver incartato dell’affettato, alza un sopracciglio: “Come dice scusi?”. La signora, impassibile e a tratti un po’ alterata, replica: “Ma guardi! Guardi qui: dice 2004”. Leo, trattenendo a fatica un sorriso, la asseconda sconfitto “Sì signora, ha ragione. Lo levo subito dallo scaffale”.
Signore simpatiche a parte, alla Salsamenteria si fa la spesa, si prende a portar via o si consuma sul posto. Mentre Roberto riempie il bicchiere di benvenuto, l’esposizione sul bancone aiuta a scegliere. Un tagliere, che ci mettiamo? Speck maso Pretzhof, bresaola di Wagyu, mortadella artigianale Norcidella. Oppure i formaggi di capra di Diego Calcabrina, Beaufort di alpeggio, il formaggio di Malga di latte intero. Da non perdere, tra un bicchiere e l’altro, i pomodorini semi-dried, il baccalà e l’anguilla affumicati assieme ai veri taralli artigianali. Cos’è la Salsamenteria? “Il posto dove posi la maschera che hai indossato tutto il giorno al lavoro”. Però occorre fidarsi e affidarsi, aggiungerei.
La Salsamenteria, via dei Monti Parioli 31, Roma. Tel. 06/32111318
(Ringrazio Sabrina de Feudis, Micaela di Cola, Bruno Piersanti e Gius Jius, autori delle foto utilizzate e presenti nel profilo Facebook di Roberto Mangione).