Lin a Roma, ristorante cinese È sabato pomeriggio e decidete di cenare la sera con una coppia di amici con cui avete in comune l’amore per la cucina non banale ma anche l’attenzione al rapporto qualità prezzo. Dove si va? Sembra facile ma non vi viene in mente niente, a voi maniaci di ristorazione e alla vostra compagna pure romana, neppure quei cinque posti che vi siete segnati a mente di visitare e che non vi vengono proprio. Al vostro amico si accende una lampadina: andiamo da Lin, ristorante cinese “leggero” in zona Pinciana. Non lo conoscete e a parte qualche indiano e Sonia Hu avete dei preconcetti sui ristoranti etnici romani, ma vi fidate della coppia di amici e la voglia di sperimentare prevale.
Meno male, perché Lin fa parte integrante di quei ristoranti cinesi che non si sono nascosti dietro l’orrenda cucina fusion o hanno puntato sul fatto che non distinguete un cinese da un giapponese e vi propongono il sushi o il phon (che è come se gli italiani in America spacciassero caldo verde o haggis perché tanto vengono dallo stesso continente). Il tutto in un locale che denuncia il suo passato da trattoria romana della zona anni ’80, carino ma datato e un po’ fuori posto con la cura, la modernità e l’armonia delle preparazioni e dei piatti. Un locale in cui solo l’acquario e il proprietario parlano di ristorante cinese, mentre tovagliato e camerieri vengono tutti da molto più vicino.
Lin dicevo è un ristorante cinese che ha scelto di evolversi e fare piatti cinesi molto buoni o, ancora più interessante, utilizzare materie prime italiane interpretandole alla cinese con spezie e cotture veloci che rispettano gli ingredienti religiosamente.
Per gli amanti della cucina cinese classica ci sono i ravioli alla piastra ripieni di carne, cavoli e zenzero (6 euro), gustosi e chiaramente fatti a mano poco tempo prima e un’interessantissima zuppa agropiccante (9,5). Per gli amanti del tocco cinese (cinese per carità, non fusion) ecco la tartare di tonno con una punta di peperoncino (8,5) e l’esplosione in bocca (fresca, dolce, un po’ spiazzante ma dura poco) del caviale di pesce volante, una delizia. Che il proprietario chef sappia da dove viene e dove va si capisce dalle moeche fritte su un fondo di crema di patate dolci che sfido molti ristoranti veneziani a fare così buone, croccanti e leggere.
Proseguiamo con una bistecca di tonno (12,5 euro), considerata nelle recensioni piatto forte, che era buona ma non completamente convincente, soprattutto per la julienne di zucchine un po’ banale che l’accompagnava. Il trionfo arriva invece per me e il mio amico con lo stufato di maiale (7 euro), una pancetta di maiale stufato con vino di riso, miele e anice. Un piatto commovente per equilibrio e contrasto tra la cotenna leggermente croccante e la carne tenerissima, pura goduria che da sola vale tutta la cena e convertirebbe molti vegani. Se cambieranno la banale coppetta di riso bianco che l’accompagna avranno un dei migliori piatti che si mangiano a Roma, non temo di esagerare.
Uniche pecche, il servizio completamente fuori sincrono, con i camerieri che portavano un piatto alla volta. Normale nella cucina cinese direte voi, certo, tranne per la seconda pecca, porzioni piccole, piccolissime. Essendo lo stufato di maiale divino, ho pensato a lungo di ordinarne un’altra porzione, finendo poi per ripiegare su un gelato di sesamo con il mango tagliato fresco (5 euro), non cattivo ma trascurabile come la pasticceria cinese in generale. Ogni pecca, lo ripeto, è ampiamente dimenticata appena affogherete la forchetta in quella delizia di stufato.
Da una buona carta dei vini abbiamo scelto un Lugana Cà dei Frati, la cui morbidezza e aromaticità si sposava benissimo con quello che abbiamo mangiato.
Al momento del conto (onestissimo), il proprietario si è scusato per non averci coccolato personalmente. Era sabato sera, il ristorante era pieno e abbiamo mangiato così bene da perdonarlo, non senza trovare il pensiero commovente in una ristorazione cittadina spesso poco attenta. Chapeau.
Ristorante Lin, via Basento 70-76. Tel.068546270 Sito