C’erano una volta le diete, gli alimenti pesati con scientifica precisione, i menu rigorosi da rispettare religiosamente – yogurt il lunedì, mela il martedì, guai a invertirli – e il temuto appuntamento con la bilancia. Poi è arrivata la naturopatia, una disciplina multiforme che porta con sé la filosofia dell’educazione alla salute (prima di tutto alimentare) e si traduce nella vasta gamma di prodotti biologici, tisane alle erbe, integratori alimentari, che siamo ormai abituati a trovare nei reparti specializzati delle farmacie, nelle erboristerie, persino al supermercato.In Italia le prime scuole di naturopatia nascono alla fine degli anni Ottanta, e gradualmente il numero dei curiosi verso la nuova materia cresce, fino alla vera e propria esplosione di interesse che si è sviluppata di recente. “In realtà le radici della naturopatia sono ben più lontane – precisa Luca Avoledo, naturopata a Milano da oltre dieci anni – Potremmo risalire fino a Ippocrate, ma è tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento che viene codificata nel mondo occidentale, a partire dall’Inghilterra e soprattutto dagli Stati Uniti”. Maturità classica e una laurea in Scienze Naturali, Avoledo si è occupato di ambiente fino a quando ha deciso di dedicarsi alla materia che ama chiamare “ecologia del corpo”, diplomandosi alla Libera Università Italiana di Naturopatia Applicata di Torino e successivamente conseguendo il Master post lauream in Naturopatia dell’Università Sapienza di Roma.
Cosa cercano le persone che si rivolgono a una professionalità come la sua?
Quello che accomuna tutti i clienti che ho avuto in questi anni è la richiesta di un cambiamento che coinvolga l’individuo nella sua interezza. Noi naturopati non curiamo malattie, ma agiamo sull’educazione alla salute, in maniera didattica.
Clienti, e non pazienti, dunque. Chiariamo subito: che rapporto c’è fra naturopatia e medicina?
Non sono in conflitto fra loro, ma si tratta di due ambiti molto diversi. Una persona può rivolgersi contemporaneamente ad entrambe le figure: dal medico cerca la cura per una patologia, al naturopata chiede un’accoglienza globale, la risposta a un disagio, che può essere causato da molteplici fattori come lo stress o uno stile di vita scorretto.
E quali sono gli strumenti con i quali il naturopata agisce per fornire queste risposte?
I mezzi sono tanti proprio perché si tratta di una materia multidisciplinare, io per esempio mi baso fondamentalmente sull’alimentazione e sull’integrazione nutrizionale, altri colleghi lavorano più sul corpo attraverso, per esempio, i trattamenti corporei o la riflessologia plantare. Questo secondo approccio è quello di tipo più energetico, molto diffuso in Italia. Il mio invece si avvicina alla scuola americana. L’obiettivo, comunque, è unico: agire sull’individuo perché possa esso stesso esprimere a pieno le proprie potenzialità di salute.
Facciamo un esempio pratico: se io prenoto da lei una visita, non devo aspettarmi di ricevere una dieta scritta…
Qualcosa di scritto c’è, ma la definirei più una “grammatica dell’alimentazione”. In altre parole, io non le dirò cosa mangiare, ma le spiegherò come mangiare per raggiungere le potenzialità di cui parlo: non istruzioni ma strumenti, per diventare noi stessi i primi artefici del nostro benessere. Ogni persona ha delle esigenze proprie, e usando questa grammatica può (e deve!) farsi da solo la propria dieta.
In tutto questo gli integratori alimentari a cosa servono?
Vitamine o minerali agiscono da “stampella”; per usare una metafora, danno la spinta all’automobile che è rappresentata dal corpo umano. Ho visto cambiare la salute di tanta gente soltanto attraverso l’alimentazione, ma questo richiede molto tempo. Supplementi come magnesio e vitamine del gruppo B (giusto per fare qualche esempio, l’elenco sarebbe lunghissimo), ma anche piante ed erbe possono essere fondamentali per aiutare l’organismo a ripristinare e rimodulare più velocemente alcune funzioni biologiche.
Il suo cliente tipo?
L’utenza non è cambiata granché negli ultimi dieci anni: il target più rappresentato è certamente quello delle donne fra i 35 e i 45 anni, anche se ci sono pure gli uomini, giovani o anziani. La differenza, nella mia esperienza, l’ho avvertita sui numeri: di recente ho notato un aumento sia delle visite che faccio nel mio studio sia dei casi di chi mi chiede consigli sulla possibilità di intraprendere la mia professione.
E lei cosa suggerisce?
Dico di scegliere, fra le varie scuole, quella che risponda alle proprie esigenze, a quello che si vuole diventare. Ma sono sincero con loro: in Italia siamo molto indietro rispetto a diversi altri stati europei; da noi la professione del naturopata non è riconosciuta, nonostante l’invito dell’OMS, ormai tanti anni fa, a riconoscere i professionisti non medici della salute in ambito complementare, ovvero non convenzionale, come risorsa preziosa per i sistemi sanitari nazionali. Qualche passo in avanti è stato fatto con la legge 4/2013 sulle professioni non regolamentate, anche se questa non parla esplicitamente di naturopatia. Non esiste un albo, ma soltanto degli elenchi stilati dalle associazioni di categoria e dalle scuole. Queste ultime per fortuna cominciano a standardizzarsi. La regione Lombardia recentemente ha creato una partnership con l’OMS, recependone i criteri formativi in materia di naturopatia.
Attilio Speciani, medico allergoimmunologo, è l’inventore di uno dei test sulle intolleranze alimentari, il test DRIA, praticato da alcuni naturopati e non riconosciuto dalla medicina. Un esempio di collaborazione fra medicina e naturopatia…
Speciani è il medico più naturopatico che conosco, mi piace definirlo un “naturopata sotto mentite spoglie”. Noi naturopati non dovremmo mai tentare di sostituirci ai medici né diffondere falsi miti legati all’astensione dai farmaci. Un medico esperto di medicina naturale come Speciani è l’emblema del rapporto costruttivo che si può creare fra questi due ambiti diversi ma non per forza distanti.
di Irene Privitera © Il Fatto Quotidiano / Puntarella Rossa