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Rivoluzione o semplice trovata di marketing dal successo tutto da valutare? È questo il dilemma da risolvere davanti a Winestar, etichetta di vino in lattina appena lanciata sul mercato in Francia. Non si tratta in realtà di una prima volta assoluta: ci sono già stati alcuni precedenti, tra cui il più noto (più per la pubblicità con una Paris Hilton poco vestita e coperta d’oro che per l’effettiva diffusione) è il prosecco tedesco Rich, che fece arrabbiare non poco i nostri produttori. Ma il tentativo francese offre qualche spunto in più di riflessione.
Innanzitutto proprio per la sua provenienza, una delle roccaforti europee e mondiali della cultura vinicola, con la presentazione fissata nel corso del prestigioso “Vinexpo” di Bordeaux. Ed inoltre perché in questa occasione sugli scaffali dei supermercati, accanto a bibite gassate e birre, dovrebbero trovare posto vini di spiccata qualità, DOC e provenienti dalle più rinomate regioni d’Oltralpe. Infatti, anche se per ora l’offerta è limitata a prodotti della Languedoc, area del sud del Paese, con un bianco del 2011, il vitigno locale Rolle, un rosso dello stesso anno di Syrah, Mourvedre e Grenache e un rosé Syrah e Grenache del 2012, l’obiettivo è quello di mettere in lattina a breve anche Bordeaux o Borgogna.
La logica commerciale dell’operazione è abbastanza chiara. Mettendo sul mercato un prodotto in un formato da 187 ml (il classico “quartino”) e confezionato in particolari lattine ”green” facilmente smaltibili e con un rivestimento interno che evita il contatto del liquido con l’alluminio e garantisce la sua perfetta conservazione, si vuole conquistare una nuova fetta di clientela. Precisamente si punta ai non puristi e a coloro, come i single, che magari vogliono assaporare un bicchiere di vino (a meno che non ci si voglia lanciare in una temeraria degustazione “a canna” direttamente dal contenitore) e vi rinunciano perché ritengono uno spreco o troppo costoso (il prezzo di Winestar sarà tra i 3 e i 3,5 euro) stappare un’intera bottiglia. Ma davvero l’aristocratica Europa, così fiera del rito del calice e che già storce il naso ad utilizzare il vino in cartone per cucinare, si abbasserà a riempire le cantine di lattine? O saranno forse i bevitori più “pop” di Australia e Stati Uniti a cedere al fascino dell’alluminio? Il dibattito è aperto, con i numeri delle vendite a fare da giudici inesorabili.