Nella sala del Kino, al secondo incontro di Te li do io i solfiti c'era il giovane e brillante Ludovico Botti, della Cantina laziale Trebotti. Assieme ai fratelli e ai genitori, Ludovico dirige l'azienda familiare che da subito si è impegnata nella produzione di vino biologico. Accompagnati dai loro vini – in particolare il 3S, un bianco senza solfiti ottenuto da uve Incrocio Manzoni e il Gocce, un vino dal packaging riciclabile ottenuto invece da uve Violone(un biotipo di Montepulciano diffuso nel viterbese), ne abbiamo parlato durante l'incontro con lui e con Livia Ortolani dell'AIAB (Associazione Italiana per l'Agricoltura Biologica). Se non c'eravate, ecco un'intervista a Ludovico. E state pronti, che lunedì prossimo si parla di vini biodinamici (qui ci si iscrive alla singola serata e a puntarellarossa@hotmail.it si prenota)
Come è nata la vostra azienda?
L’azienda è stata fondata nel 2003 a Castiglione in Teverina assieme ai miei due fratelli, Clarissa e Bernardo, da lì è nato anche il nome di Trebotti, nome omen. Fin da subito abbiamo considerato l’agricoltura biologica come un punto di partenza, fissando come obiettivo quello di diventare un’azienda a basso impatto ambientale eco-sostenibile o carbon neutral.
La scelta del biologico e della sostenibilità ambientale è stata una scelta immediata o è stata fatta successivamente?
Abbracciare il biologico è stata una scelta naturale, obbligata poiché i miei genitori si sono trasferiti a vivere lì io lavoro dalla mattina alla sera in azienda. I terreni dei vigneti sono stati scelti appositamente con una microzonazione per poter coltivare la vite in condizioni ottimali per il biologico. Per quanto riguarda la sensibilità alla sostenibilità ambientale è scaturita dalle mie esperienze universitarie e dalla sensibilità ecologica che ci hanno trasferito i nostri genitori fin da piccoli.
Di recente è stata introdotta in Italia la possibilità di produrre vino biologico (non più solo vino "da uve biologiche"). Cosa pensi del relativo disciplinare? Quali sono gli aspetti positivi e quelli negativi?
In generale è un ottimo punto di partenza su cui bisognerà lavorare per migliorarlo. Il nuovo disciplinare nasce da una ventennale opera di contrattazione europea e naturalmente tende ad accontentare la maggior parte dei produttori (bio e non bio…). Gli aspetti positivi sono un’omologazione di disciplinare, una riduzione dei livelli di solforosa ammessi, un divieto di utilizzo di alcune pratiche enologiche chimiche e fisiche molto invasive e poco rispettose del prodotto. Tra le cose da migliorare, ad esempio ci sono i quantitativi di solfiti ammessi.
Come descriveresti il consumatore di vino biologico?
Un consumatore logico! Nessuna persona logica può pensare che sia giusto nutrirsi con prodotti chimici impattanti sul proprio organismo e sull’ambiente.
Cosa risponderesti a chi, magari dopo qualche esperienza negativa, pensa che il vino biologico non sia buono?
In molte degustazioni internazionali ai primi posti dei migliori vini si trovano in percentuali importanti vini bio, inoltre con la vitivinicoltura bio si hanno maggiori possibilità di produrre vini non standardizzati con caratteristiche uniche (positive). Putroppo in passato si è provato a fare agricoltura biologica semplicemente togliendo la chimica invece per produrre bio bisogna riformare completamente le tecniche di produzione.
Come azienda state portando avanti anche un progetto di riduzione delle emissioni di CO2. In cosa consiste?
Abbiamo intrapreso la strada della sostenibilità attraverso un progetto denominato VINI 3S (Sostenibilità ambientale nella produzione di vini Salubri e di qualità Superiore) in collaborazione con l’Università della Tuscia, il CRA di Arezzo e l’Istituto Sant’Anna di Pisa, approvato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali nel 2011, con lo scopo di ridurre al minimo l’impatto ambientale della produzione di un vino di qualità superiore ecologicamente certificato. Tre le linee di progetto in atto: tecnologica, ecologica e agronomica. La prima che consiste nella riduzione del consumo di energia e nell’utilizzo dell’ozono, che non inquina e non lascia traccia in atmosfera, al fine produrre vini senza solfiti aggiunti ed eliminare i prodotti chimici per la pulizia della cantina. Tra i vari obiettivi della linea ecologica c’è la creazione di un sistema integrato di gestione dei reflui di cantina e delle acque piovane dei tetti che sono raccolti e fitodepurati creando un biolago. La terza linea è quella agronomica, per la produzione di compost di qualità da vinacce biologiche ed altri residui vegetali aziendali e l'applicazione sui vigneti a scopo pacciamante, ammendante ed antierosivo. L’obiettivo finale è quello di quantificare la quantità di CO” emessa per la produzione di ogni singola bottiglia di vino Trebotti. Inoltre, sempre per abbattere le emissioni di anidride carbonica abbiamo scelto un packaging che fatto con materiali naturali, facilmente disponibili e biodegradabili, come scatole di cartone non stampate, etichette, depliant e contenitori di carta riciclata e bottiglie ultraleggere per ridurre l’impatto della produzione e del trasporto del vetro, una delle maggiori fonti di emissione di CO2 per un’azienda vinicola. Questo vale ancora di più per il Gocce di Castiglionero per il quale riutilizziamo tutti i materiali di confezionamento offrendo uno sconto ai clienti che ci consegnano bottiglie, etichette (sono realizzate con un fazzoletto di stoffa ricamato localmente), tappo e ceralacca.
Cosa manca al mercato del vino biologico in Italia, oggi?
Chiarezza delle informazioni per il consumatore che confonde il vino biologico con il biodinamico, "naturale" "vero" ecc. Queste ritengo siano produzioni interessanti ma comunque non regolamentate a livello istituzionale, e spesso prive base scientifica.