di Massimiliano Carbonaro © Il Fatto Quotidiano / Puntarella Rossa
Per mangiare sicuro e salvarsi dalle frodi alimentari non c’è che una soluzione, tornare al sano e vecchio Made in Italy: è la ricetta di Slow Food che davanti agli scandali alimentari che si sono susseguiti negli ultimi giorni ha stilato una lista dei ristoranti sicuri. Basterà? Difficile, al ristorante siamo tutti indifesi. Lo slogan è affascinante – Ne abbiamo le tasche Ripiene! – l’effetto immediato: 148 ristoranti hanno aderito alla campagna di sensibilizzazione dell’associazione ideata da Carlo Petrini.
In pratica da venerdì primo marzo a domenica 17 marzo chi ha mangiato nei locali certificati è andato sul sicuro perché ha mangiato un primo piatto fatto di pasta in qualche modo ripiena frutto della grande tradizione gastronomica del nostro Paese. Un susseguirsi di ristoranti diffusi in tutto lo stivale italico con alcuni territori più sensibili, per esempio Cuneo ne ha ben 13 superando Roma che ne mostra solo 8, ma Cagliari ne offre uno soltanto e Milano 2 come per altro Parma, mentre a Bologna hanno accolto l’iniziativa solo in tre e lo si sottolinea con dispiacere visto che alcuni primi piatti di questi territori sono celebri nel mondo.
Comunque è stato un trionfo di lasagna, timballi, tortellini e ora si ripiomba nell’incertezza fatta di carne di cavallo nelle lasagne al posto del manzo, di formaggi falsamente realizzati in Italia e altre simili “prelibatezze”. “Dobbiamo ritornare ai fondamentali – sottolinea Roberto Burdese, presidente di Slow Food Italia – dire cosa è un vero tortellino, raccontare come si fa, con le mani e la passione, descriverne gli ingredienti”.
L’unica strada per salvare la nostra cucina è la trasparenza per Burdese: “Sui media di tutta Europa sta passando l’immagine di piatti che sono patrimonio delle multinazionali, piatti che è meglio evitare perché di dubbia composizione e qualità. Invece – incalza Burdese – stiamo parlando di alcuni capisaldi della cucina regionale italiana, pezzi della nostra identità e della cultura materiale del nostro Paese”. Anche perché da un’elaborazione della Coldiretti su dati Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) è emerso che i nostri prodotti alimentari sono i meno contaminati e presentano meno residui chimici se comparati con quelli dell’Unione Europea e dei paesi extracomunitari.