
Milano, via Moscati 13. Alla fine di una splendida cena all'Aromando Bistrot, ci sbrachiamo nei divani del salottino, guardandoci intorno. Siamo in una grande sala che sembra una curatissima cucina degli anni '50, con i mobili in formica, seggioline verde acqua, tre grandi palle incandescenti a far lampadari, un arazzo retrò che raffigura la pasticceria Molina che produceva panettoni, quadri di Pollon, una tastiera Elka (elettronica di Kastelfidardo) del '72, di quelle che usavano i Supertramp e Jean Michel Jarre. Da una vecchia radio-giradischi escono le note rassicuranti e antiche di Vuelvo al sur (come se vuelve siempre a l'amor). Ragazzi, che pace. Era tempo che non si stava così bene.
L'Aromando bistrot deve il nome non a un discutibile gioco di parole, ma al cognome della madre di Cristina, che con il marito Savio Bina (sommelier) ha aperto il locale da pochi mesi. Pare che abbia scelto di chiamarlo così studiando il nemico, ovvero la Monsanto, cognome da nubile della moglie del fondatore. Nemico perché da Aromando vige la legge del biologico.
Una vista dall'alto, soffusa, causa foto rubata come di consueto: ma dà l'idea dell'atmosfera.
Un oggetto curioso, piccola attenzione per signore: la seggiolina per appoggiare la borsa
Il menu te lo danno dentro i bellissimi "Jolly della buona cucina" dei Fratelli Fabbri Editore. Roba vintage, con gli anelli
Che poi uno, spulciando dentro "I menu economici", ci trova ricette come queste: "Arrosto morto di vitello". Morto? Vuoi che muoro?
Biologico, si diceva. La cucina di Cristina è casalinga e raffinata. In menu ci sono piatti con prodotti poco convenzionali, spesso non conosciuti. Alzi la mano chi sa cos'è la salicornia (erbetta dal gusto salino). Oppure il seiras (questo è più facile, ricotta piemontese). Comunque, a mo' di esempio vi citiamo il baccalà mantecato con polenta e cipolle dolci (15 euro), la crema di zucca al lemon grass e moscardini (12), i tajarin con tartufo nero (18).
Ed ecco la carne cruda a cubi, con pomodori di Paglione (azienda biologica pugliese) e olive taggiasche (10 euro). La carne è ottima chianina a 40 mesi
Tra un piatto e l'altro (in tavola viene servito anche un piattino con burro, una bottiglia di ottimo olio d'oliva e sale grosso) diamo un'occhiata al bel bancone con la grande lavagna d'ardesia. In lista ci sono ottimi vini naturali, dalla Stoppa a Rinaldi. Noi abbiamo preso un Pignatello del siciliano Barraco che, come spiegava il sommelier, è un vino non facile. Colore rosso rubino, tannico, retrogusto di mirtillo: ottimo.
L'arazzo di cui si parlava, con la tastiera. La scala porta a una sala superiore, con qualche tavolo ancora e la cucina. Da segnalare il pranzo della domenica, che sembra venuto giù dal libro dei ricordi: cappelletti in brodo serviti in zuppiera, gallina e cappone lessi con le mostarde e le salse, torta sbrisolona.
I voti di Puntarella
Cucina: 7+
Ambiente: 8
Servizio: 7,5
Bonus: il salottino post desinare, i vini naturali
Malus: parcheggio difficile da trovare (ma ce n'è uno a pagamento)
Children friendly: giochi educativi, puzzle, libri da colorare
Aromando Bistrot, via Pietro Moscati 13, Milano. Tel 0236744172