Decalogo dello spumante

Decalogo dello spumante, Lesson Three / Avrei voluto parlare di spumantizzazione ma ho cambiato idea. La storia è bella e ve la racconto sicuramente, magari la prossima volta, con calma. E’ una storia che parla di un monaco – avete presente Dom Perignon? –, di una piccola abbazia a Hautvillers e dell’ ”invenzione dello champagne”. Poi ci sono le bottiglie che scoppiano senza spiegazione, le ricette segrete di ogni maison (come quella della coca cola!), sotterranei gessosi colmi di bottiglie in cui lieviti ingordi mangiano zucchero e defecano alcool e bolle. E tanto altro ancora. Ma adesso l’urgenza è il brindisi, quindi saltiamo i convenevoli e andiamo al sodo. Ovvero in enoteca. Per acquistare spumante, of course.

In enoteca:
1. Non chiedete champagne italiano, è un paradosso. Lo champagne italiano non esiste. Se è champagne è francese e se è italiano non è champagne. In Italia possiamo dire spumante, bollicina (ma non in Franciacorta che lì son suscettibili), metodo classico se si tratta di uno spumante che fa rifermentazione in bottiglia e, se inconsciamente non volete farvi capire…Talento (nome nato per sopperire al vuoto linguistico lasciato dal divieto di utilizzare “champagne” ma che non ha avuto alcun successo).

2. Se amate lo champagne ma siete campanilisti e soprattutto a corto di contante (mediamente lo champagne costa di più sia per il blasone che per il prezzo di importazione) potete orientarvi su due zone ad alta vocazione spumantistica in Italia: la zona del Trento Doc e la Franciacorta. Qui abbiamo, a mio parere, le nostre maggiori eccellenze. Non farei paragoni con i vini d’oltralpe perché non si paragonano due vini soltanto perché condividono lo stesso metodo di produzione. Con Ca’ del Bosco e Bellavista in Franciacorta andate sul sicuro; per il Trento Doc, a parte Ferrari, ci sono tante aziende che, pur non godendo di grande fama, lavorano bene. Qualche esempio: Maso Martis, Endrizzi e Balter.

3. Preferite uno spumante morbido e avvolgente? Optate per un Franciacorta satèn. È più cremoso, meno aggressivo e delicato. Magari scegliete quello di Enrico Gatti, Ferghettina o Uberti. Amate freschezza sferzante e affilata? Un dosaggio zero trentino con la sua irruenza sapida è ciò che fa per voi. Che so, Letrari o Revì. Se invece non amate la nota di lievito, quella sensazione di crosta di pane che spesso si trova in tante bollicine nate da rifermentazione in bottiglia e magari preferite note più immediate, fruttate e floreali, andate in zona Conegliano-Valdobbiadene, nel trevigiano, e buttatevi sul prosecco. Spenderete meno e sarete appagati.

A tavola:
4. Lo spumante, che sia di Francia o nostrano, non si beve con il dolce perché è un vino secco. Bere spumante con il dolce è come sorseggiare caffè intervallando il sorso con generose forchettate di parmigiana di melanzane. Vi piace? Dovesse convincervi questo abbinamento allora non obbietto nulla su bolle e dolci. Se invece l’idea, per usare un eufemismo, non vi persuade del tutto, più giù c’è qualche consiglio per un abbinamento adeguato. Sempre partendo da un presupposto: il migliore abbinamento è quello che più vi piace. Per il dolce, in un Paese come il nostro che vanta un’infinità di vitigni autoctoni, scegliete un vino dolce. Magari un passito, un moscato, un vinsanto, una vernaccia sarda, un brachetto, un barolo chinato, che so.

5. Niente coppa ma flûte. Si vede il perlage (e chissenefrega) e gli aromi, spesso delicati, dello spumante, vengono più facilmente indirizzati verso il naso e non dispersi come tenderebbe a fare un calice con il bevante troppo largo. La coppa usatela per una bollicina dolce e quella sì, stavolta, potete abbinarla con pandoro e panettone.

6. Qualche abbinamento: fritto misto con extra brut o pas dosé; mozzarella di bufala e brut rosé; fegato d’oca e demi sec; crostacei e brut a maggioranza di uve chardonnay; culatello di zibello e brut rosé; risotto ai porcini e millesimato a dominante pinot nero; tortino di scampi e patate e brut a maggioranza uve chardonnay. Fin qui tutto bene. Ma per un abbinamento “basso” (si fa per dire) e godurioso io vi consiglierei questo: mortadella (o lardo) con extra brut; porchetta di Ariccia con millesimato. Se la bolla è francese poi, dà ancora più soddisfazione.

7. Un’annotazione di servizio (importante): la pressione all’interno della bottiglia è di 6 atmosfere (solo 4,5 per un satèn), circa il triplo di quella delle gomme di una macchina, ed è pari a quella che ritroviamo a 50 metri sotto la superficie marina. Un tappo che salta può arrivare ai 40-50 km orari, così mi sento di dare un banale consiglio: quando aprite la vostra bottiglia, puntate in alto! L’idea è di finire la serata in allegria e un tappo in un occhio rischia di farla finire all’oftalmico. Per quanto originale non è un piacevole epilogo.

8. È vero che tendiamo a bere spumante in Italia soprattutto durante le feste ma forse non è da scartare il “sobrio” pensiero di Lili Bollinger. Ora, lei beveva champagne (quello di casa!), ma credo che si possa fare lo stesso anche con uno spumante italiano. Unica condizione necessaria, che sia buono! «Lo Champagne lo bevo quando sono contenta e quando sono triste. Talvolta lo bevo quando sono sola. Quando ho compagnia lo considero obbligatorio. Lo sorseggio quando non ho fame e lo bevo quando ne ho. Altrimenti non lo tocco, a meno che non abbia sete».

9. Ho finito. L’avevo detto che era un decalogo striminzito.