A proposito, sapete tutto dei carciofi?

Negli anni sessanta, l’amaro a base di carciofo per antonomasia, il Cynar, veniva apostrofato dal carosello dell’epoca con lo slogan: “Contro il logorio della vita moderna”. Un fondo di verità nella creatività pubblicitaria c’era: il carciofo è un autentico toccasana, in particolar modo per chi soffre di colesterolo alto. Ipocolesterolizzante, diuretico, disintossicante, snellente ed epatoprotettivo: insomma, na’ mano santa. Reuccio delle tavole romane autunnali, il carciofo si inizia ad affacciare in questi giorni nei banchi dei mercati della capitale. Chi meglio di Alfredo Lucarini, titolare della trattoria testaccina Pecorino che al carciofo dedica persino il menu, per dirci tutto quello che avremmo voluto sapere (e non abbiamo mai osato chiedere) sul carciofo?

Dove compra i carciofi?

Io i carciofi li tengo in menu tutto l’anno, nei mesi in cui non sono di stagione, mi arrivano dalla Bretagna. Adesso iniziano ad arrivare il violetto sardo, quello con il torso importante, per intenderci quello con le spine, ed il liscio di Puglia, quello un po’ più delicato, più sfilato. Io li compro al mercato di Testaccio. Comunque per quello più buono di tutti, il cimarolo, a Roma lo chiamiamo la mammola, bisogna aspettare gennaio.

Qual è il prezzo medio?
Il prezzo varia dagli 80 centesimi a un 1 euro a pezzo.

Come li cucinate?
In tutti i modi, dall’antipasto coi fritti nella pastella, ai primi, per esempio i maltagliati con carciofi rosolati in padella e pecorino, al fiore all’occhiello della tradizione romana, con aglio e mentuccia, oppure quello più richiesto, alla giudia.

Ci racconti la ricetta dei carciofi alla romana?
Prima di tutto è importante lavare e preparare bene il carciofo prima di ogni cottura. Si tolgono le foglie più dure ed il gambo che rimarrà di pochi centimetri e che deve essere spellato. Si tagliano le punte che sono la parte più dura, si aprono con le mani leggermente i “petali”, con un cucchiaino si elimina la peluria della parte centrale e si lasciano  a bagno in acqua e limone per un paio d’ore in modo che non si anneriscano. Poi si condiscono all’interno e sopra con mentuccia, aglio e olio e si cuociono attufati.

Cioè?
Nel tegame con una quantità d’acqua che li sommerga quasi completamente. Il segreto è la cottura a fuoco lento per un’ora almeno e prima di chiudere il tegame con il coperchio, si copre la superficie con un foglio di carta straccia bagnata.

Ed il carciofo alla giudia?
Beh, il carciofo alla giudia deve essere fritto con tanto olio, tanto quasi da coprirli e deve necessariamente essere olio di oliva. Dopo un quarto d’ora circa si scolano e si passano in padella solo pochi minuti, poco prima di servirli in modo che siano caldi e croccanti al punto giusto.

 

Già che ci siamo vi consigliamo cinque ristoranti dove divorare i migliori carciofi

Pecorino
Matricianella
Armando al Pantheon
Flavio al Velavevodetto
Sora Margherita

 

A questo punto, non ci resta che correre al mercato recitando contro vento la  poesiola di Agostino Agostini …..

“Er Carciofo fritto”
In un carciofo fritto ce ritrovo
la squisitezza nata senza imbrojo
stamme bene a sentì, che mo ce provo
a spiegallo così come lo vojo:
a spicchi, infarinato e intinto d'ovo,
lo butto dentro un padellone d'ojo,
cor merscolo lo giro e lo rinnovo
e quanno è tutto d'oro, lo raccojo.
Si addopro er “romanesco” origginale
lo po' magnà perfino chi sta a dieta
perchè se squaja in bocca e nun fa male.
Si nun te tira sei un anarfabbeta
der prelibbato sano e naturale
perchè sto piatto è degno d'un poeta!