Via del Pellegrino 117 Tel. 06-68801978 Chiuso: mercoledì
Per entrare devi suonare il campanello, come in gioielleria. Solo che quando entri ti trovi in un locale spartano, piccolo, tranquillo. Ad accoglierti di solito c'è lui, Mario Zazza di Carpineto, in camicella di seta. Se la manciata di tavolini dietro di lui è deserta e ti dice che è tutto prenotato, guardatevi, siete in canottiera. Oppure avete le ciabatte ai piedi. E' che a Mario Zazza i piedi nudi non piacciono e neanche quelli mezzi nudi. Superato lo screening corporale, potete accomodarvi. Se siete clienti nuovi e sconosciuti, finirete nei primi tavoli, quelli vicino all'entrata. Altrimenti, a secondo del grado di conoscenza e assiduità, sarete ammessi ai tavoli più vicini alla cucina (ma non al più vicino, riservato ai figli). Benvenuti da Settimio, pronti a un bel salto indietro di 40 anni. Chi non la conosce, questa trattoria di via del Pellegrino, parallela di corso Vittorio, non le darebbe un soldo. E invece Settimio, nata nel 1932 e presa in gestione dal figlio Mario, aiutato dalla moglie Teresa e da una signora filippina con grembiale, è un pezzo di storia della ristorazione romana. Storia attuale, perché è un patrimonio ancora vitalissimo. Ritrovo abituale di principi e contesse, attori e scrittori, ma anche di gente normale, giovane e anziana. Tutti habituè, clienti assidui di quello che è diventato quasi un club, frequentato da facce che ormai si riconoscono tra loro (se provate a telefonare, non è raro che vi chiedano: ma chi parla, è già venuto?). Non è un caso che Mario Zazza diffidi dei nuovi arrivati. Per non parlare dei giapponesi: perché loro non parlano italiano e Mario Zazza parla solo romanesco. E quando lui dice verdura e loro rispondono vegetables, lui scuote la testa e dice: noo, ho detto verdura. Così spesso è costretto a portare tegami fumanti dalla cucina ed esibire i cibi. Di avere un menu con le foto non se ne parla proprio, anche perché qui vi scordate anche il normale menù. Bisognerebbe farne richiesta, ma così si sconta un inevitabile declassamento tra i clienti di serie B. L'ambiente è più che sobrio, solo la cucina è stata rifatta in marmo bianco nel '92. Nella saletta d'entrata spicca una grande foto di Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, film dell'84 di Monicelli. Se guardate bene, c'è anche lui, Mario Zazza, nella parte del pretino.
BONUS La cucina casalinga, una delle ultime davvero autentiche di Roma. La sobrietà, lo stile, l'approccio: tutto fermo nel tempo, cristallizzato, impermeabile alle mode e al passare del tempo. MALUS Certi pregi sono anche difetti: se Mario ti prende in simpatia, vai tranquillo, ma se cadi in disgrazia meglio che cambi aria. Se c'è un po' di ressa, poi, il servizio va in affanno e cominciano le urla e i litigi in cucina. I piatti sono genuini: a volte ottimi, proprio perché non sofisticati, a volte meno buoni, proprio perché un po' troppo semplici.